Page 36 - Il fanciullino
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ta per lo più. Tu dài a uno la debita lode in presenza d’alcuno. Questi
conferma breve: poi a lungo si volta a lodare un altro, il quale può es-
sere inferiore o superiore al tuo lodato, ma quasi sempre è morto. Ora
tu, fanciullo, vorresti essere disseppellito a questo fine? Poiché sarai
un’ombra, avresti piacere d’essere adoperato a far ombra a qualche
buon fanciullo saldo, che viva e canti? Questo non ti piacerebbe: me-
glio dormire dimenticato. È meglio esser morto tutto, che continuare a
comparire avanti i tribunali ad essere giudicato e classificato: tanto più,
che i giudici si trasmettono, cursori che stanno eternamente fermi, le
fiaccole de’ loro giudizi.
Tu non vuoi giudizi: vuoi commozione, vuoi assenso, vuoi amore; e
non per te, ma per la tua poesia. Ebbene morto che tu sia, se la tua
voce fu pura, se fu la voce dell’anima e delle cose, non l’eco, o più fioca
o più forte, d’altrui voce; ebbene codesta voce sarà inavvertita, quando
non sia dimenticata. In vero se è spesso ripetuta, come forse è ragione,
si fonderà col tempo, non so se nel silenzio o rumore circostante: come
il cinguettio delle rondini sotto la tua grondaia, che quando è un pezzo
che lo senti, non lo senti più... Tu vuoi parlare? Aspetta: non ho finito.
A ogni modo perché dovrebbe essere altrimenti? Che cosa fai tu, ve-
ramente, che sia degno di lode e di gloria? Tu ridi, tu piangi: che merito
in ciò? Se credi d’averci merito, è segno che ridi e piangi apposta: se lo
fai apposta, non è poesia la tua: se non è poesia, non hai diritto a lode.
Tu scopri, s’è detto; non inventi; e ciò che scopri, c’era prima di te e ci
sarà senza te. Vorresti scriverci il tuo nome su? Ti adiri, che ti vogliano
giudicare e anche premiare per quello che non è se non la tua natura e
la tua manifestazione di vita. Dunque che importa a te del nome?
XIX.
Il fanciullo
Il nome? Il nome? L’anima io semino,
ciò ch’è di bianco dentro il nocciolo,
che in terra si perde,
ma nasce il bell’albero verde.
Non lauro e bronzo voglio; ma vivere;
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