Page 34 - Il fanciullino
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esempio: dal partito o dalla setta. Badaci, ragazzo. È il fatto di qualcuno
        che vuol procacciarsi la popolarità mettendo la cannella a una botte, e

        che tutti bevano. La gran botte è la politica, il vino che ognuno ne beve,
        è il proprio sentimento che si riscalda alla botte comune: la sbornia ge-

        nerale è la tua gloria!
            O gloriola indegna del tuo desiderio! E poi è amara. Sai che siamo al

        tempo dei concorsi; al tempo delle classificazioni e premiazioni. Il di-
        vertimento più grande che si diano gli uomini, è quello di giudicare. In

        Atene fu in altri tempi una consimile mania di seder nell’Eliéa e deporre
        le sue pietruzze. Oggi non c’è più solo qualche pazzo, ma molti; e non

        giudicano, in mancanza d altro, i cani e i gatti di casa, ma gli scrittori e i
        poeti di casa e fuori. Giudicano e classificano: questo è il primo, quello

        il secondo, l’altro il terzo, e vai dicendo. Ahimè! tu fanciullo, fai il tuo di-
        scorsino, esprimi un tuo sentimento, esponi il tuo pensiero, mostri un

        tuo sorriso, versi una tua lagrima, senza riguardarti, senza saperlo, si
        può dire, senza perché; al primo venuto, sfogando il cuore, quasi fuori

        di te: a mezzo le tue parole, al tuo riso, al tuo pianto, ecco senti che il
        tuo uditore piglia appunti, pesa le frasi che dici, disegna, col pollice, in

        aria la linea del tuo sorriso, esamina l’acqua e il cristallo della tua lagri-
        ma; e mormora: “Non c’è male! Benino! Bene! Benissimo! Peggio però

        del tale! Anche meglio del tal altro! Primo! Secondo! Terzo! Poeta mag-
        giore! Poeta minore!”

            Certo tu, se non sei un vanarello o un frignone, cancelli il sorriso, ri-
        bevi la lagrima, e te ne vai. Forse giuri in quel momento di non andare

        più da altri, e godere o piangere tra te, un’altra volta. Ma sei fanciullo,
        e torni sempre da capo, trovando però ogni volta che per i fanciulli

        non c’è più luogo in questo mondo! Il fatto è che, oltre la noia di quel
        sentirti sempre paragonato, come se tu facessi un esercizio scolastico,

        puoi provare anche l’amarezza d’essere posposto, con giudizio spiccio
        o maligno, e anche d’essere preposto, a tali che tu non ti sogni nemme-

        no di emulare, a tali a cui tu non pensavi nemmeno, a cui non dovevi,
        non potevi pensare, assorto come eri nel tuo piacere o nel tuo dolore.

        Ti paragoneranno con gli altri e anche con te stesso. Ti conteranno gli
        anni e le rughe agli occhi, e i capelli bianchi, e non vedono l’ora di dirti

        che decadi, che rimbecillisci, che muori. Bella carità! E un bel giorno ti
        butteranno in un canto, dimenticandosi di te, e a torto. A torto sempre,

        perché ciò che hai fatto di buono, non deve essere annullato da ciò che
        poi faccia di men buono; e perché non può nascere mai un portento




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