Page 25 - Il fanciullino
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Come mai? Così: l’uomo impara a parlare tanto diverso o tanto me-
        glio, di anno in anno, di secolo in secolo, di millennio in millennio; ma

        comincia con  far gli  stessi vagiti  e guaiti  in  tutti  i tempi e luoghi. La
        sostanza psichica è uguale nei fanciulli di tutti i popoli. Un fanciullo è

        fanciullo allo stesso modo da per tutto. E quindi, né c’è poesia arcadica,
        romantica, classica, né poesia italiana, greca, sanscrita; ma poesia sol-

        tanto, soltanto poesia, e… non poesia.
            Sì: c’è la contraffazione, la sofisticazione, l’imitazione della poesia, e

        codesta ha tanti nomi. Ci sono persone che fanno il verso agli uccelli, e
        al fischio sembrano uccelli; e non sono uccelli, sì uccellatori. Ora io non

        so dire quanta vanità sia la storia di codesti ozi. Eccola in due parole. Un
        poeta emette un dolce canto. Per un secolo, o giù di lì, mille altri lo ripe-

        tono fiorettandolo e guastandolo; finché viene a noia. E allora un altro
        poeta fa risonare un altro bel canto. E per un secolo, o più o meno, mil-

        le altri ci fanno su le loro variazioni. Qualche volta il canto iniziale non
        è né bello né dolce; e allora peggio che mai! Ma in Italia, e altrove, non

        stiamo paghi a questo compendio. Ragioniamo e distinguiamo troppo.
        Quella scuola era migliore, questa peggiore. A quella bisogna tornare,

        a questa rinunziare.
            No: le scuole di poesia sono tutte peggio, e a nessuna bisogna addir-

        si. Non c’è poesia che la poesia. Quando poi gli intendenti, perché uno
        fa, ad esempio, una vera poesia su un gregge di pecore, pronunziano

        che quel vero poeta è un arcade; e perché un altro, in una vera poesia,
        ingrandisce straordinariamente una parvenza, proclamano che quell’al-

        tro vero poeta pecca di secentismo; ecco gl’intendenti scioccheggiano
        e pedanteggiano nello stesso tempo. Qualunque soggetto può essere

        contemplato, dagli occhi profondi del fanciullo interiore: qualunque te-
        nue cosa può a quelli occhi parere grandissima.

            Voi dovete soltanto giudicare (se avete questa mania di giudicare) se
        furono quelli occhi che videro; e lasciar da parte secento e Arcadia. La

        poesia non si evolve e involve, non cresce o diminuisce; è una luce o un
        fuoco che è sempre quella luce e quel fuoco: i quali, quando apparisco-

        no, illuminano e scaldano ora come una volta, e in quel modo stesso.
            Solamente s’ha a dire che raramente appariscono. Sì: la poesia, detta

        e scritta, è rara. Proprio rara la poesia pura. Ma c’è la poesia “applicata”.
        La poesia “applicata” è dei grandi poemi, dei grandi drammi, dei grandi

        romanzi. Ora molto ci corre che questi siano tutta poesia. Immaginate
        che siano un gran mare, ognuno. Nel mare sono le perle; ma quante?




        G. Pascoli - Il fanciullino                                                                            21
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