Page 24 - Il fanciullino
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genere storico?
            Se la narrazione, che il verseggiatore vi fa, vi commuove meno che

        la stessa, fatta in prosa, dallo storico e dal cronista, dite pure che il
        verseggiatore ha tradotto, e male; non ha poetato. E ha perduto il suo

        tempo e ha fatto perdere a noi il nostro.





                                                         XII.



            Ma in Italia la pseudopoesia si desidera, si domanda, s’ingiunge. In

        Italia noi siamo vittime della storia letteraria! Per vero, né in Italia sol-
        tanto, mi pare che delle lettere si sia ingenerato un concetto falso. Le

        lettere sono gli strumenti delle idee, e le idee fanno di sé tanti gruppi
        che si chiamano scienze. Ma noi, fissati sugli strumenti, abbiamo final-

        mente dimenticato i fini. Siamo agricoltori che non pensano se non alle
        vanghe e non parlano se non di aratri, e più delle loro bellurie che delle

        loro utilità. Delle semente, della terra, dei concimi, non ci curiamo più.
        Quindi avviene che abbiamo, come fisici, filosofi, storici, matematici,

        così letterati; modo di dire, come coltivatori di canapa, di viti, di grano e
        d’ulivi, così periti di vanghe e d’aratri, i quali non s’occupano di altro, e

        credono che non ci si debba occupar d’altro, e stimano, io vedo, che la
        loro sia la più nobile delle occupazioni. E almeno li facessero essi, code-

        sti strumenti: no, li “giudicano” e li “collezionano”.
            Codest’ozio noi chiamiamo ora critica e storia letteraria. E ognuno

        può vedere che ci sono cose molto più utili e belle da fare: cioè colti-
        vare e seminare. Ma c’è pure, tra le tante branche della letteratura, la

        poesia che sta a sé, la poesia che comprende in sé tutto ciò che si dice
        e scrive per diletto, amaro o dolce, suo o altrui. Questa non è rispetto

        alle scienze quello che lo strumento rispetto al fine. È una coltivazione,
        poniamo, anch’essa, ma d’altro ordine e specie. È, poniamo, la colti-

        vazione, affatto nativa, della psiche primordiale e perenne. Ma noi la
        mettiamo insieme con l’altra letteratura “strumentale”, e ne ragionia-

        mo allo stesso modo. La dividiamo per secoli e scuole, la chiamiamo
        arcadica, romantica, classica, veristica, naturalistica, idealistica, e via di-

        cendo. Affermiamo che progredisce, che decade, che nasce, che muo-
        re, che risorge, che rimuore. In verità la poesia è tal maraviglia che se

        voi fate ora una vera poesia, ella sarà della stessa qualità che una vera
        poesia di quattromila anni sono.




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