Page 21 - Il fanciullino
P. 21
bisogna fare uno sforzo continuo su se stesso, a meno che non si tratti
di pazzia. E in questo caso, la pazzia sta appunto in questo, di pensar da
buoni e cantar da cattivi.
Così, caro fanciullo, hanno gran torto coloro che attribuiscono, per
ciò che tu non vedi se non il buono, qualche merito di bontà a colui che
ti ospita. Il quale può essere anche un masnadiero, e aver dentro sé
un fanciullo che gli canti le delizie della pace e dell’innocenza, e la casa
dove non deve più riposare, e la chiesa dove non sa più pregare.
XI.
Il poeta, se è e quando è veramente poeta, cioè tale che significhi
solo ciò che il fanciullo detta dentro, riesce perciò ispiratore di buoni
e civili costumi, d’amor patrio e familiare e umano. Quindi la credenza
e il fatto, che il suon della cetra adunasse le pietre a far le mura della
città, e animasse le piante e ammansasse le fiere della selva primordia-
le; e che i cantori guidassero e educassero i popoli. Le pietre, le piante,
le fiere, i popoli primi, seguivano la voce dell’eterno fanciullo, d’un dio
giovinetto, del più piccolo e tenero che fosse nella tribù d’uomini salva-
tici. I quali, in verità, s’ingentilivano contemplando e ascoltando la loro
infanzia.
Così Omero, in tempi feroci, a noi presenta nel più feroce degli eroi,
cioè nel più vero e poetico, in Achille, un tipo di tal perfezione morale,
che poté servire di modello a Socrate, quando preferiva al spettacolo
tanto anticipato, ahimè! , d’un’umanità buona, felice, tutta al lavoro e
alle pure gioie dei figli, senza guerre e senza schiavi. Gli uomini, al suo
tempo, parrebbe che avessero impetrato, ciò che è ancora il deside-
rio inadempiuto de’ nostri operai, le otto ore di lavoro per ogni otto di
sonno e altre otto di svago. - Oh! qualche volta presso lui il contadino
aggiunge la notte al giorno! - Sì: ma che dolcezza di lavoro, quella, tra
l’uomo che col pennato fa il capo a spiga a suoi rami di pino, che han-
no a essere fiaccole, e la donna che o tesse la tela o schiuma il paiolo
cantando. E nell’Eneide Virgilio canta guerre e battaglie; eppure tutto il
senso della mirabile epopea è in quel cinguettio mattutino di rondini
o passeri, che sveglia Evandro nella sua capanna, là dove avevano da
sorgere i palazzi imperiali di Roma!
Ma Omero, ma Virgilio, non lo facevano apposta.
G. Pascoli - Il fanciullino 17