Page 12 - Il fanciullino
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mento misto ora di gioia ora di tristezza ora di speranza ora di timore.
Se poi tale commovimento volevano esprimere a sé e ad altri, essi trae-
vano fuori dalla faretra, per dirla con te, certi preziosi e numerosi strali
di cui non si doveva far gettito.
Pronunziavano essi, i primi uomini, con lentezza uniforme, con mi-
surata gravità, la difficile parola che stupivano volasse e splendesse e
sonasse, e fosse loro e diventasse d’altri, e recasse attorno l’anima di
chi la emetteva dopo la lunga silenziosa meditazione. Oh! non le get-
tavano essi come cose vili che soprabbondano, le parole pur mo nate,
legate coi più sottili nodi, segnate con le più vive impronte, lavorate
coi più ingegnosi nielli! Ne vedevano essi tutti i pregi, e il peso e il tim-
bro del loro metallo, e il suono col quale in principio rompevano dalle
labbra schiudentisi, e quello col quale in fine ronzavano nelle orecchie
aperte. Or tu, fanciullo, fai come loro, perché sei come loro Fai come
tutti i bambini i quali non solo, quando sono un po’ sollevati, giocano e
saltano con certe loro cantilene ben ritmate, ma quando sono ancora
poppanti, e fanno la boschereccia, con misura e cadenza balbettano tra
sé e sé le loro file di pa pa e ma ma.
E in ciò è ragione perché è natura. Tu sei ancora in presenza del mon-
do novello, e adoperi a significarlo la novella parola. Il mondo nasce per
ognun che nasce al mondo. E in ciò è il mistero della tua essenza e della
tua funzione. Tu sei antichissimo, o fanciullo! E vecchissimo è il mondo
che tu vedi nuovamente! E primitivo il ritmo (non questo o quello, ma il
ritmo in generale) col quale tu, in certo modo, lo culli o lo danzi! Come
sono stolti quelli che vogliono ribellarsi o all’una o all’altra di queste due
necessità, che paiono cozzare tra loro: veder nuovo e veder da antico,
e dire ciò che non s’è mai detto e dirlo come sempre si è detto e si dirà!
E si ribellano, gli uni con gli schifi gesti di pedanti: Questa metafora
non è in... (e qui il nome d’un poeta a mano a mano più recente) ; gli
altri con pugnaci atteggiamenti di novatori: Questo non è assai inaudito
e inaudibile! Quelli sono in generale vecchi che nella vecchiaia credono
riposta ogni autorità; e questi, giovani che nella giovinezza imaginano
insita ogni forza; più noiosi questi di quelli, perché l’un vanto è sempre
con impertinenza, e l’altro non è mai senza tristezza, e perché se gli uni
non intendono più, per senile sordità, l’arguto chiacchiericcio del fan-
ciullo, gli altri non lo intendono ancora, per quello schiamazzare che
fanno, miseramente orgoglioso, intorno al loro io giovane. E, in veri-
tà, giovani non sono, ché d’essere, se fossero, non si accorgerebbero.
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