Page 7 - Il fanciullino
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“vivere, mica morire!”, e anche “parlò e disse”, “si adunarono e furono
tutti in un luogo”.
Non mancava di quelle spiegazioni che chiudono la bocca: “ubbidite,
perché ubbidire...è meglio” “solo devo rimanermene senza dono? Non
sta bene”. La chiarezza non è mai troppa: “I pulcini erano otto, e nove
con la madre, che aveva fatti i pulcini”, “Aias, quello più piccolo, non
grande come l’altro, ma molto più piccolo: era piccino...”. Qualche volta
riusciva sublime, ma senza farlo apposta: saltava qualche circostanza,
per giungere a ciò che importava più e che era più sensibile. Un divino
arciere tirava l’arco “e per tutto si vedevano cataste accese per bruciare
i morti”. Il dio supremo mosse il sopracciglio e scosse i capelli, “e scrol-
lò l’Olimpo che è così grande”. Sopra tutto, per far capire tutto il suo
pensiero, in qualche fatto o spettacolo più nuovo e strano, s’ingegnava
con paragoni tolti da ciò che esso e i suoi uditori avevano più sott’oc-
chio o nell’orecchio. E in ciò teneva due modi contrari: ora ricordava
un fatto piccolo per farne intendere uno grande, ora uno maggiore per
farne vedere uno minore. Così rappresentava un mare agitato che con
le grosse onde spumeggianti si getta contro la spiaggia, e strepita e
tuona, per dar l’idea d’una moltitudine d’uomini che accorre in un luo-
go; e descriveva uno sciame di mosche intorno ai secchielli pieni colmi
di latte, per esprimere il confuso e vasto agglomerarsi d’un esercito di
guerrieri.
Questo era il suo solo artifizio, se pure si può chiamare artifizio ciò
ch’egli faceva così ingenuamente che spesso la cosa, mediante il suo pa-
ragone, riusciva più piccola, sebbene sempre paresse più chiara; come
quando confrontava il fluido parlare di alcuni vecchi savi all’incessante
frinire delle cicale, o la resistenza d’un grande eroe all’indifferenza d’un
asino che seguita a empirsi d’erba nel prato donde i bimbi vogliono
cacciarlo a suon di bastonate. No no: il fanciullino del cieco non tanto
voleva farsi onore, quanto farsi capire: non esagerava; perché i fatti che
raccontava, gli parevano già assai mirabili così come erano. Ed egli sa-
peva, né per altro argomento se non perché parevano anche a lui, che
mirabili dovevano parere anche agli altri bambini come lui, che erano
nell’anima di tutti i suoi uditori. I quali ora come allora lo ascoltano con
maraviglia. E non sarebbe ragionevole, di cose che dopo trenta secoli
non si credono più verosimili. Ma dopo pur trenta secoli gli uomini non
nascono di trent’anni, e anche dopo i trent’anni restano per qualche
parte fanciulli.
G. Pascoli - Il fanciullino 3