Page 5 - Il fanciullino
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            È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva
        Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi

        suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce
        con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e,

        insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpi-
        to solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli

        resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli
        tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arruggi-

        niamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo
        come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto

        nell’età  giovanile  forse  così  come nella  più  matura, perché  in  quella
        occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badia-

        mo a quell’angolo d’anima d’onde esso risuona. E anche, egli, l’invisibile
        fanciullo, si perita vicino al giovane più che accanto all’uomo fatto e

        al vecchio, ché più dissimile a sé vede quello che questi. Il giovane in
        vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; ché ne sdegna la

        conversazione, come chi si vergogni d’un passato ancor troppo recen-
        te. Ma l’uomo riposato ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e

        rispondergli a tono e grave; e l’armonia di quelle voci è assai dolce ad
        ascoltare, come d’un usignuolo che gorgheggi presso un ruscello che

        mormora.
            O presso il vecchio grigio mare. Il mare è affaticato dall’ansia del-

        la vita, e si copre di bianche spume, e rantola sulla spiaggia. Ma tra
        un’ondata e l’altra suonano le note dell’usignuolo ora singultite come

        un lamento, ora spicciolate come un giubilo, ora punteggiate come una
        domanda. L’usignuolo è piccolo, e il mare è grande; e l’uno è giovane, e

        l’altro è vecchio. Vecchio è l’aedo, e giovane la sua ode. Väinämöinen è
        antico, e nuovo il suo canto. Chi può imaginare, se non vecchio l’aedo e

        il bardo? Vyàsa è invecchiato nella penitenza e sa tutte le cose sacre e
        profane. Vecchio è Ossian, vecchi molti degli skaldi. L’aedo è l’uomo che

        ha veduto (oide) e perciò sa, e anzi talvolta non vede più; è il veggente
        (aoidos) che fa apparire il suo canto.

            Non l’età grave impedisce di udire la vocina del bimbo interiore, anzi
        invita forse e aiuta, mancando l’altro chiasso intorno, ad ascoltarla nel-



        G. Pascoli - Il fanciullino                                                                             1
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