Page 9 - Il fanciullino
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lerabile la felicità e la sventura, temperandole d’amaro e di dolce, e fa-
        cendone due cose ugualmente soavi al ricordo. Egli fa umano l’amore,

        perché accarezza esso come sorella (oh! Il bisbiglio dei due fanciulli tra
        un bramire di belve), accarezza e consola la bambina che è nella donna.

        Egli nell’interno dell’uomo serio sta ad ascoltare, ammirando, le fiabe
        e le leggende, e in quello dell’uomo pacifico fa echeggiare stridule fan-

        fare di trombette e di pive, e in un cantuccio dell’anima di chi più non
        crede, vapora d’incenso l’altarino che il bimbo ha ancora conservato da

        allora. Egli ci fa perdere il tempo, quando noi andiamo per i fatti nostri,
        ché ora vuol vedere la cinciallegra che canta, ora vuol cogliere il fiore

        che odora, ora vuol toccare la selce che riluce.
            E ciarla intanto, senza chetarsi mai; e, senza lui, non solo non ve-

        dremmo tante cose a cui non badiamo per solito, ma non potremmo
        nemmeno pensarle e ridirle, perché egli è l’Adamo che mette il nome

        a tutto ciò che vede e sente. Egli scopre nelle cose le somiglianze e re-
        lazioni più ingegnose. Egli adatta il nome della cosa più grande alla più

        piccola, e al contrario. E a ciò lo spinge meglio stupore che ignoranza, e
        curiosità meglio che loquacità: Impicciolisce per poter vedere, ingran-

        disce per poter ammirare. Né il suo linguaggio è imperfetto come di
        chi non dica la cosa se non a mezzo, ma prodigo anzi, come di chi due

        pensieri dia per una parola. E a ogni modo dà un segno, un suono, un
        colore, a cui riconoscere sempre ciò che vide una volta.

            C’è dunque chi non ha sentito mai nulla di tutto questo? Forse il fan-
        ciullo tace in voi, professore, perché voi avete troppo cipiglio, e voi non

        lo udite, o banchiere, tra il vostro invisibile e assiduo conteggio. Fa il
        broncio in te, o contadino, che zappi e vanghi, e non ti puoi fermare a

        guardare un poco; dorme coi pugni chiusi in te, operaio, che devi stare
        chiuso tutto il giorno nell’officina piena di fracasso e senza sole. Ma in

        tutti è, voglio credere.
            Siano gli operai, i contadini, i banchieri, i professori in una chiesa a

        una funzione di festa; si trovino poveri e ricchi, gli esasperati e gli an-
        noiati, in un teatro a una bella musica: ecco tutti i loro fanciullini alla

        finestra dell’anima, illuminati da un sorriso o aspersi d’una lagrima che
        brillano negli occhi de’ loro ospiti inconsapevoli; eccoli i fanciullini che

        si riconoscono, dall’impannata al balcone dei loro tuguri e palazzi, con-
        templando un ricordo e un sogno comune.









        G. Pascoli - Il fanciullino                                                                            5
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