Page 96 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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cambiamento della società attraverso l’esproprio e le teste tagliate. La rivoluzione

          che intendo io e che intendeva Alekos è qualcosa che incomincia con l’individuo,
          dentro  l’individuo,  nei  suoi  gesti  e  nei  suoi  pensieri,  ed  è  rifiuto  del  lavaggio
          cerebrale  impostoci  da  millenni.  In  tale  rivoluzione  tutto  va  reinventato, e  anche
          l’amore  va  reinventato.  Perché  l’amore  dev’essere  un’àncora,  una  palla  al  piede?
          Perché deve impedire a una creatura di seguire i suoi impulsi e i suoi desideri? Io
          sono sempre stata rigorosamente fedele ad Alekos. Non l’ho mai tradito, neanche col

          pensiero,  e  non  lo  tradirò  mai:  nemmeno  ora  che  è  morto.  Infatti  non  concepisco
          nemmeno  l’idea  di  sostituirlo.  Però  non  ho  fatto  questo  perché  lo  ritenevo  mio
          dovere.  L’ho  fatto  perché  era  il  mio  impulso,  il  mio  desiderio.  Se  l’impulso  mi
          avesse condotto per un giorno e una settimana verso un altro uomo, lo avrei detto
          subito ad Alekos. Infatti non c’erano segreti fra noi.
               E questa è una cosa che gli altri non possono capire, specialmente in una società
          come la vostra. La completezza del nostro amore, l’eccezionalità della nostra intesa.

          Per  esempio,  io  non  sono  mai  stata  fisicamente  gelosa  di  lui  e  mi  sono  sempre
          arrabbiata  quando  lui  si  è  mostrato  fisicamente  geloso  di  me.  Mi  divertiva,  mi
          inorgogliva, che egli fosse ammirato e desiderato. E vorrei ringraziare chiunque gli
          abbia dato un momento di gioia, di allegria, di piacere, quando egli non era con me.
          Ha  avuto così  poco  dalla  vita,  e  ha  avuto  così  poco  tempo  per  assaporarla.  E  di
          questo  io  ero  consapevole  anche  quando  era  vivo.  «Non  sacrificarti  troppo»  gli

          dicevo.  «Cinque  anni  della  tua  vita  sono  trascorsi  dentro  una  cella:  riprenditi  gli
          arretrati! Mettiti in pari con la vita, divertiti!» Ma lui scuoteva la testa e rispondeva:
          «Ho  lavoro».  Si  consentiva  qualche  distrazione  solo  la  sera,  all’ora  di  cena.
          Peccato!


          Sulla gelosia degli altri

               I  grandi  amori,  gli  amori  che  durano,  gli  amori  diversi  dagli  altri,  suscitano
          inevitabilmente invidia e gelosia. La gente è invidiosa e gelosa soprattutto delle cose
          che non capisce. E, naturalmente, delle cose [che, N.d.R.]  non ha e vede negli altri.
          Un  amore  come  quello  che  ha  unito  Alekos  e  me  dal  momento  in  cui  ci  siamo
          conosciuti, cioè l’indomani della sua scarcerazione, fino al momento in cui è morto,
          non  poteva  sfuggire  alla  regola  che  ho  detto.  E  questo  è  alla  radice  di  una  certa

          ostilità che mi circonda in Grecia. Non da parte del popolo, sia chiaro. Il popolo mi
          vuole  bene.  Il  popolo  ha  capito.  Il  popolo  capisce  sempre:  guidato  da  un  istinto
          misterioso, quasi animale. L’ho visto ai funerali e l’ho visto in questi dodici mesi
          attraverso le lettere che ricevo, le cartoline, le poesie. Quando parlo di gelosia parlo
          di un gruppo molto ristretto di persone ad Atene: quelle che in un modo o nell’altro
          erano più vicine ad Alekos e che, proprio per questo, si sentivano derubate. A ciò
          bisogna aggiungere il fatto che io ero la Straniera. La Straniera che non parlava la

          loro lingua, che non osservava le loro abitudini, che non apprezzava il loro cibo, che
          forse li trattava con eccessivo distacco: sempre un po’ altera, forse superba, e in
          ogni caso differente. Bizzarra. Io queste cose le capisco. Fai conto che una svedese,
          una nordica, d’un tratto arriva in Sicilia e si porta via la gemma dell’isola, e se la
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