Page 128 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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Si lasciò intervistare per ben sei ore e tuttavia non mi torse un capello. Si limitò a
dire, povero vecchio, le cazzate che dopo l’intervista disse registrando il video di
Qom: il video col quale mi accusava d’averlo accusato di tagliare i seni alle
donne. 14
***
Era notte inoltrata quando rientrai in albergo, e la tensione delle troppe avventure
m’aveva tolto il sonno, […] aveva riesumato l’angoscia per le nozze indesiderate.
Aspettai dunque l’alba cercando nel Libro Azzurro un cavillo che ne incrinasse la
validità. Ma più leggevo più mi convincevo che le speranze di trovarlo eran poche.
«È peccato il matrimonio con la propria madre, con la propria sorella, con la
propria suocera» diceva il capitolo sul divorzio e sull’annullamento. E io non ero né
la madre né la sorella né la suocera di mio marito. «L’uomo che ha avuto rapporti
con la propria zia non può sposarne la figlia» continuava. E io non ero la figlia di
nessuna zia che si fosse o non si fosse portato a letto. Non potevo nemmeno servirmi
del comandamento che vietava a un mussulmano di sposare un’eretica; infatti a esso
seguiva questa classificazione: «Tuttavia un mussulmano può intrattenere
concubinaggio con una donna cristiana o ebrea e, se desidera, può averla come
seconda moglie». L’unico comma in mio favore era quello sulla verginità: «Se prima
del matrimonio il marito esige che la moglie sia vergine e poi scopre che non lo è, il
matrimonio può essere annullato». Però mio marito non aveva espresso tale pretesa e
c’era da dubitare che il mullah testimoniasse il contrario. Insomma non mi restava
che la scappatoia già considerata: ammettere che ero pazza […] e confessare che ero
un po’ zoppa. Domani avrei provveduto. […]
Bisognava tornare indietro: recarsi in municipio per dichiarare che ero pazza e
zoppa, insomma per chiedere l’annullamento o il divorzio. Glielo dissi, eccitata.
Continuò a guidare, tranquillo.
«Non ne abbiamo bisogno. Sul registro la mia firma non c’è.»
«Vuoi dire che non sono sposata?!» […]
«Bè, vedi, ricordi quando ha firmato lui? Bè, vedi, sì: nella fretta ha commesso
un errore. Ha firmato dove avrebbe dovuto firmare lo sposo.»
[…] Oddio. Io sposata a un mullah. A uno schifoso mullah cui il matrimonio con
me sarebbe potuto piacere. Era troppo. Se lo avessi raccontato, non mi avrebbe
creduto nessuno. […]
Era una bella notte di fine settembre, e il sollievo d’aver concluso una difficile
impresa mi immunizzava dalle inutili angosce. Sì, in qualche villaggio o città
dell’Iran esisteva un mullah di cui ero la moglie a scadenza e in sostanza per sempre,
uno schifosissimo mullah che in qualsiasi momento avrebbe potuto avanzare pretese
coniugali e lapidarmi per adulterio o che so io, ma ciò era meno grave che finire
accoltellata da una spagnola gelosa e comunque non dovevo pigliarmela troppo:
entro poche ore sarei partita, avrei messo un continente e un oceano tra me e il mio
sposo. Chiunque egli fosse. 15