Page 124 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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Addio «Europeo», scelgo il «Corriere»














          Credo che nessun essere umano non sia tentato prima o poi dalla stanchezza cioè dal
          pensiero di rinunciare. Tutti ci pensano, prima o poi, in tutti i lavori. L’attività più
          interessante finisce col fermentare germi di nausea o di noia. E perfino una fede, o un
          amore. A me è successo infinite volte, ma perché mi costava troppe amarezze. La
          crisi più forte è avvenuta dopo la morte di Alekos che ha coinciso con l’agonia di

          mia madre, morta di cancro otto mesi dopo. Lo schianto del primo dolore e l’attesa
          del secondo mi hanno aperto gli occhi su molte cose. Non che prima li avessi chiusi
          ma un po’ socchiusi sì.  Mi son guardata allo specchio e mi son ricordata di aver
          passato i quarant’anni e mi son detta: cosa faccio, continuo a dare tutta me stessa al
          giornalismo  cioè  a  un  mestiere  che  ho  imparato  ad  amare  sì  ma  ho  accettato  per
          necessità e compromesso? Mi stavo dicendo così quando al giornale in cui lavoravo,
          «L’Europeo»,  è  successo  un  cambiamento  che  mi  ha  disgustato  [la  rimozione  di

          Tommaso Giglio da direttore, N.d.R.]. E quel disgusto s’è esteso a tutti i protagonisti
          della commedia, agli oppressori e alle vittime, perché tutti si son comportati male,
          sia oppressori che vittime, e mi sono ritirata come Cincinnato in campagna e mi son
          messa a scrivere il libro.



          La morte di Alekos non mi ha mica rincretinito: mi ha indurito. Cioè ha esasperato la
          mia durezza, la mia rabbia, ed ha reso più facile prese di posizione che avrei preso
          comunque.  Il licenziamento di  Giglio fu ingiusto ed io presi posizione rigidissima
          come l’editore ben sa, e la mantenni. Mi ritirai a scrivere il libro e non volli più
          saperne  dell’«Europeo».  Non  lo  volli  neanche  più  guardare,  infatti  non  mi  ero
          accorta che continuavano a pubblicare il mio nome nella lista degli inviati speciali!
          Mi prese un disgusto: il disgusto per tutti i protagonisti della commedia, cioè sia

          verso  gli  oppressori  che  verso  le  vittime.  E  una  delusione:  causata,  questa,  dalle
          vittime. Perché si comportarono senza coraggio. Senza coglioni. Prima abbaiarono
          un po’ come i chihuahua di Xavier Cugat, e poi si calarono le mutande.


          Cos’altro vuoi che dica sull’«Europeo»? L’ho sfogliato soltanto quando ho saputo

          che  il  mio  nome  era  stato  tolto,  finalmente,  ma  alla  chetichella.  E  ne  ho  sfogliati
          alcuni  numeri  e  ho  visto  tanti  culi,  tanti  seni,  tanti  pubi  pelosi,  e  ragazze  con  le
          mutande in mano, e ragazze nude col soggolo da monaca, e coppie nude rovesciate
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