Page 127 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
P. 127

loro il Corano vieta di appartarsi dietro una porta chiusa, accadde che d’un tratto la

          porta dello stanzone si aprì.  Il mullah addetto al  Controllo della  Moralità irruppe
          strillando vergogna-vergogna, peccato-peccato, e v’era solo un modo per non finire
          fucilati:  sposarsi.  Firmare  un  atto  di  matrimonio  a  scadenza  (quattro  mesi)  che  il
          mullah  ci  sventolava  sulla  faccia.  Sposarsi.  Il  guaio  è  che  Consuelo,  la  moglie
          spagnola dell’interprete iraniano, non era affatto disposta ad accettare la poligamia.
          E io non volevo sposare nessuno. Tantomeno un iraniano con la moglie spagnola e

          nient’affatto  disposta  ad  accettare  la  poligamia.  Nel  medesimo  tempo  non  volevo
          finir fucilata ossia perdere l’intervista con  Khomeini.  In tal dilemma mi dibattevo
          e…  11


          Sissignori, lo sposai. Seduta stante, lo sposai. O meglio: mi sposò lui firmando il
          foglio che il mullah sventolava al grido di vergogna-vergogna. Sennò ci avrebbero

          fucilato e addio intervista a Khomeini. Però le nozze non furono mai consumate. Lo
          giuro sul mio onore.    12



                                                           ***


          Nella  stanzaccia,  assiso  con  le  gambe  incrociate  sul  tappetino  bianco  e  blu,
          immobile come una statua e coperto da una tunica di lana marrone, stava il padrone
          dell’Iran,  il  gran  condottiero  dell’Islam:  Sua  Eccellenza  Santissima  e

          Reverendissima Ruhollah Khomeini.
               Era un vecchio molto vecchio. E appariva così remoto dietro la superbia, così
          vulnerabile,  insieme  solenne,  da  farti  dubitare  che  avesse  soltanto  gli  ottant’anni
          dichiarati  secondo  un  calcolo  approssimativo,  comunque  ipotetico,  visto  che  lui
          stesso ignorava la sua data di nascita. Era anche il più bel vecchio che avessi mai
          incontrato. Volto intenso, scolpito ad arte, con quelle rughe che lo incidevano a colpi

          d’ascia in solchi legnosi, quella fronte altissima sul naso importante e ben disegnato,
          quelle labbra sensuali e imbronciate da maschio che ha molto sofferto a reprimere le
          tentazioni  della  carne  o  forse  non  le  ha  represse  mai.  E  quella  barba  candida,
          compatta, davvero michelangiolesca. Quelle sopracciglia severe, di marmo, sotto le
          quali cercavi i suoi occhi con una specie di ansia. Gli occhi infatti non si vedevano
          perché  teneva  le  palpebre  semiabbassate, lo  sguardo  ostentatamente  fisso  sul
          tappetino,  quasi  volesse  dirmi  che  non  meritavo  nessuna  attenzione.  O  quasi  che

          dedicarmi attenzione offendesse il suo orgoglio, la sua dignità. Traboccava dignità,
          questo  è  certo.  Non  potevi  immaginarlo  in  mutande,  attribuirgli  il  ridicolo  che
          caratterizza  i  dittatori. Anzi,  al  posto  di  esso  coglievi  una  misteriosa  tristezza,  un
          misterioso  scontento  che  lo  consumava  come  una  malattia.  E  in  tale  scoperta
          registravi sbalordito i sentimenti che suscitava a osservarlo: un rispetto ineluttabile,
          una  tenerezza  inspiegabile,  una  scandalosa  attrazione  di  cui  provavi  invano

          vergogna.   13
   122   123   124   125   126   127   128   129   130   131   132