Page 108 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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nessuna. Per quanto celebrati, a volte, e stimati, quegli uomini non valevano un
granché. Anzi, capitava sempre il giorno in cui dimostravo d’avere più coglioni di
loro. In un romanzo giovanile, Penelope alla guerra, mi confessai con una storia
dove l’eroe piangeva dopo aver sverginato l’eroina. E lei lo consolava porgendogli
il fazzoletto perché si soffiasse il naso. Forse il mio tipo di donna è strangolato dal
dramma d’esser divenuto, a forza di lacrime, più forte d’un uomo.
Non sono nemica degli uomini, al contrario. E questo è un altro dramma del mio
tipo di donna. So che non è colpa loro se vivono su una reputazione usurpata, grazie
ad essa commettono soprusi e meschinità. Per secoli, millenni, sono stati educati
male: in un lavaggio cerebrale che li ha falsati quanto ha falsato noi. Non odio gli
uomini. Quando ne amo uno, divento tenera come un agnello. Mi sacrifico come un
agnello. E il ragionamento, l’istinto materno, mi induce sempre ad assolverlo. Però
senza farmi illusioni, senza farmi indurre a gettare l’àncora che non ho mai gettato. E
nessuno, dico nessuno, ha mai potuto convincermi che ho torto a continuare sola il
mio viaggio: che il matrimonio non è una prigione dove il primo detenuto è la donna.
La condizione del matrimonio non è la convivenza? Ebbene: nulla quanto la
convivenza ti fa perdere rispetto per un uomo. Il migliore degli uomini. Nella
convivenza metà del tuo tempo se ne va a consolarlo, incoraggiarlo, servirlo,
proteggerlo come un bambino capriccioso e viziato. Un bambino che non cerca in te
una compagna, un’amante, ma una balia, una segretaria, una serva: la mamma che ha
perduto crescendo. Nei casi più allegri (e la cosa non è allegra) cerca un balocco.
Anche se tu lavori il doppio di lui, hai responsabilità più gravi delle sue, lui si
aspetta che tu ti alzi prima per fargli il caffè, che tu corra a casa prima per fargli da
mangiare, che tu dia la sua biancheria a lavare e magari che tu gliela lavi, che tu
subisca i suoi malumori senza ammettere i tuoi. Povere mamme nostre. Quanti
tormenti hanno subìto dal giorno in cui gli dissero che una donna è nata per sposarsi.
Il mio più grande rimpianto è non esser riuscita ad avere un figlio per insegnargli
alcune verità.
Il matrimonio è contro natura perché i sentimenti si logorano come un paio di
scarpe che ogni tanto devi risuolare, rattoppare, rimettere in forma. E poi perché la
persona da amare e da cui essere amata per sempre non esiste: a meno di non mentire
o piegarti per convenienza, per ipocrisia, per paura della solitudine. Esistono solo
compagni di viaggio, tutt’al più la vaga speranza di concludere il viaggio col
compagno scelto e tollerato dalla tua maturità. Ma anche in quel caso non bisogna
mai dimenticare che ciascuno dei due appartiene a sé stesso e può ritrovare sé stesso
solo in pause di solitudine. Io quando saluto il compagno scelto e tollerato dalla mia
maturità, perché parto o perché parte, sento la gola chiusa dal dispiacere della
separazione. Allo stesso tempo, però, avverto uno squisito e irresistibile senso di
sollievo. E me ne vado scodinzolando come un cane senza medaglia. 22