Page 76 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
P. 76
L’incursione dura dai quindici ai trenta minuti, con bombe da
cinquecento chili e napalm, quasi sempre ha per obiettivo le basi dei
fidayn o i villaggi dove i fidayn tengono un quartier generale, un deposito
di munizioni, i collaboratori e cienti. In quel paesaggio biblico, dove i
tramonti si arrossano d’una bellezza struggente, lo spettacolo di case
smozzicate o sbriciolate è normale: l’antiaerea giordana quasi non esiste,
dal 1967 a oggi solo due aerei israeliani sono stati abbattuti. Uno Shyhock
e un Super-Mystère. Ma il merito va alle mitraglie cecoslovacche dei
fidayn, non ai cannoni inglesi di re Hussein.
A colpo d’occhio diresti che il terreno non si presta alla guerriglia: la
vegetazione è scarsissima, prima di scorgere un albero in cima a una
collina passano anche dieci chilometri. Le montagne abbondano solo di
sassi e di muschio, i campi non sono quasi mai coltivati e scendono in
vallate brulle, prive di qualsiasi rifugio. Viene in mente, a guardarle,
quella Bolivia dove Che Guevara si fece prendere in trappola. Se osservi
meglio però ti ricredi: i nascondigli ci sono, la zona è un nido di caverne.
Alcune assai piccole: su cienti per due uomini o tre. Altre abbastanza
ampie da ospitare una intera compagnia. Tutte invisibili dall’alto e
a ogate entro pareti di monti che sembrano inventati per la guerriglia.
Solo nel Vietnam del Nord, presso le province di Nam Ha e Tha Hoa, ho
visto caverne così, monti così, e lì puoi gettarci le bombe che vuoi: non
arriveranno mai a sfondare no agli anfratti che la natura creò. L’unico
pericolo è restarci bloccati se si forma una valanga: ma a questo
provvedono i rinforzi in cemento che trasformano semplici grotte in
solidissimi bunker. Le basi che si trovano al nord sono infatti basi
permanenti, attrezzate per un indefinito soggiorno.
Visitarle è quindi praticamente impossibile. Né ho ancora compreso per
quale equivoco o generosità io vi venni introdotta. Più ci penso meno ci
credo, e resta il fatto, mai chiarito, che al ritorno Abu Abed ricevette una
vera lavata di capo. Gli rimproverarono di aver usato il lasciapassare per
portarci proprio laggiù, gli proibirono i contatti coi giornalisti, lo misero
in sostanza da parte e nei giorni che seguirono lo rividi solo una volta: a
passeggio con la moglie e coi gli. Ma era ormai così ostile che anziché
salutarci ci maltrattò. Non ho compreso nemmeno perché, dopo un simile
dramma, nessuno mi abbia chiesto di tacere l’ubicazione della base. Forse
non volevano sottolineare la sua importanza, o forse s’erano rassegnati a
rimuoverla.
Ad ogni modo, e nel caso che non sia stata rimossa, tal censura me la
pongo da me: limitandomi a dire che la strada per arrivarci era
controllata metro per metro dai dayn i quali vedevano di malocchio
per no i camion dell’esercito giordano. Insomma, qui più che altrove, ti