Page 58 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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padre diciannove anni prima. Partii perché mia moglie si mise a gridare
          che  non  potevo  imporre  certi  orgogli  ai  bambini:  se  non  si  scappava  ci

          ammazzavano tutti. C’erano tanti bambini lì alla scuola, mica soltanto i
          miei.  Ce  n’erano  almeno  cinquanta,  senza  babbo  né  mamma,  e  il  prete
          diceva: bisogna fare una colonna, bisogna salvarli! Feci una colonna e ci
          si  mise  in  marcia:  verso  il  ponte  Allenby.  Si  marciò  due  giorni,  senza
          mangiare  e  senza  bere,  e  un  pomeriggio  due  aerei  scesero  per

          mitragliarci.  Dico,  che  senso  ha  mitragliare  cinquanta  bambini?  Lo
          vedevano, no, che erano bambini! E si passò il ponte Allenby perché se
          lasci  la  Palestina  te  lo  fanno  passare,  è  quando  chiedi  di  rientrare  in

          Palestina che non te lo fanno passare. E si giunse ad Amman. Dove ci si
          accorse  d’aver  lasciato  tutto,  coperte  scarpe  vestiti,  e  mi  sentii  tanto
          umiliato  perché  era  la  seconda  volta  che  fuggivo  dal  mio  paese
          lasciandoci  tutto,  per no  le  scarpe.  E  dissi  a  mia  moglie  basta,  almeno
          prender  la  roba,  e  tornai  indietro  col  camion  che  avevo  ritrovato.  E  la

          polizia mi bloccò, al ponte. Mi disse: il permesso, dov’è il permesso. E io
          gli  dissi:  il  permesso  non  ce  l’ho  però  vi  do  la  mia  parola  d’onore  che
          torno indietro, vo a prendere la mia roba e basta. E l’israeliano sputò per

          terra poi disse: parola d’onore d’un arabo… Puaf! E mi colpì sulla testa
          col  calcio  di  un  mitra,  il  sangue  prese  a  colarmi  sugli  occhi.  Arrivò  un
          altro israeliano, vide il sangue e si mise a litigare con quello che m’aveva
          colpito, poi mi chiese scusa e mi disse: vai, vai. E passai, combattuto fra
          l’odio  per  l’israeliano  cattivo  e  la  simpatia  per  l’israeliano  buono,  e

          arrivai al campo.
             Arrivai alla mia stanza, e la mia stanza era vuota. Avevano portato via
          tutto, capisci, tutto! Neanche una coperta mi avevan lasciato, neanche un

          paio  di  scarpe,  e  tornai  al  ponte  con  le  mani  vuote.  E  la  simpatia  per
          l’israeliano  buono  era  completamente  sfumata,  ormai  non  restava  che
          l’odio,  e  il  dolore  alla  testa,  e  il  sangue  raggrumato  sulla  mia  faccia,  e
          guidando  il  camion  pensavo:  è  impossibile  continuare  così,  non
          cambieranno mai, avanzeranno sempre di più se noi non li fermiamo, è

          necessario combatterli, ammazzarli con il fucile! E ricordai che c’erano i
           dayn.  Ricordai  anche  che  si  allenavano  in  Siria.  Così,  giunto  al  bivio
          delle  due  strade,  quella  che  porta  ad  Amman  e  quella  che  porta  a

          Damasco, girai a sinistra e presi la strada per Damasco. Vi giunsi la sera.
          Non  c’ero  mai  stato  e  mi  sentivo  perso.  Fermavo  la  gente  per  strada  e
          chiedevo:  dov’è  che  si  diventa   dayn?  La  gente  mi  guardava  stupita  e
          tirava di lungo.
             Ma poi trovai uno che mi disse: laggiù. E mi indicò un campo fuori della

          città. E andai a quel campo, c’era una guardia, e la guardia mi disse: che
          vuoi? E io risposi: voglio diventare  dayn. E la guardia mi disse: perché?
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