Page 63 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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sua  famiglia  per  sempre;  se  restava  ferito,  Al  Fatah  lo  ricoverava  nei
          propri  ospedali.  Al  Fatah  passava  inoltre  uno  stipendio  mensile,  che

          variava a seconda delle necessità ma non era mai sotto i 15 o 20 dinari al
          mese: cioè 30 o 40.000 lire. Però, se il  dayn non aveva bisogno di soldi,
          non  ne  riceveva  e  anzi  era  tenuto  a  contribuire  con  versamenti.  Più  o
          meno il sistema di tassazione che usano i vietcong. Le classi sociali da cui
          i  dayn provenivano eran le più disparate. Data la loro giovane età, in

          gran parte eran studenti. Tuttavia incontravi anche contadini, impiegati,
          operai e, come dire?, qualche ex-playboy. «Ex-playboy, Abu Mazim?» «Sì.
          Non dite così in Occidente? Io ad esempio ero un playboy.

             Mio padre era ricco: possedeva molti negozi, una piantagione di aranci
          nella  valle  del  Giordano.  Non  avevo  bisogno  di  lavorare.  Studiavo
          all’università  del  Cairo,  facoltà  di  economia  e  commercio,  l’estate
          viaggiavo. Grecia, Turchia, Iugoslavia, Cipro, Pakistan…»
             «E  com’è  che  un  playboy  diventa   dayn,  Abu  Mazim?»  «Oh,  è  un

          processo lento.
             Incomincia  con  un  pensiero  messo  immediatamente  da  parte.  Però  il
          pensiero cresce senza che tu lo sappia. All’inizio pensavo: bravi ragazzi,

          quei fidayn, coraggiosi.
             Bisogna aiutarli, magari parlandone con gli amici stranieri, in viaggio.
          Poi  venne  il  1967,  l’anno  in  cui  avevo  deciso  di  recarmi  a  Roma:  per
          vedere via Veneto e Tivoli…
             Ma accadde quello che accadde e… Io ero al Cairo, m’ero laureato da

          poco. Assistei alla disfatta degli egiziani, compresi che non potevamo più
          restare  inerti.  Compresi  che  non  potevamo  più   darci  degli  altri,
          tantomeno di quel Nasser facilone e ambizioso, e quel pensiero messo da

          parte  risalì  alle  porte  della  mia  coscienza.  Se  vuoi  riavere  la  Palestina,
          giovanotto, devi andare a riprendertela. Così mi dissi ed eccomi qua.»
             Raccontò anche d’essersi sposato, un anno fa. Con una studentessa di
          Amman,  palestinese  s’intende,  e  membro  di  Al  Fatah.  La  moglie  gli
          mancava  moltissimo:  ma  la  metamorfosi  avvenuta  in  lui  gli  rendeva

          possibile  anche  sopportar  questa  pena.  I  periodi  di  inerzia  li  superava
          leggendo,  il  suo  scrittore  preferito  era  Gorki:  seguito  da  Tolstoi  e  Jean-
          Paul Sartre. Oltre a loro conosceva assai bene Hemingway, di cui gli era

          piaciuto Il vecchio e il mare, e poi Simone de Beauvoir, Alberto Moravia,
          Françoise  Sagan.  Quest’ultima  lo  aveva  irritato,  non  ne  comprendeva  il
          successo.  Quanto  a  Moravia,  lo  aveva  lasciato  incerto:  «Mi  sembra
          vecchio». Di recente, però, aveva sostituito i romanzi con «roba più seria»:
          onde cercare le chiavi della sua scelta politica. Si sentiva comunista, ma

          confusamente.  La  Russia  non  gli  piaceva  per  via  della  Cecoslovacchia,
          dell’Ungheria,  dell’atteggiamento  ambiguo  che  aveva  sempre  tenuto  nei
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