Page 68 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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Due stavano qui, alle mie spalle. Avevano oltrepassato la soglia con la
leggerezza di un gatto ed ora mi accorgevo di loro perché Abu Kalid li
guardava: tenendoli sospesi in attesa di un’approvazione che tardava a
venire. In ne egli sussurrò: «La». Cioè: no. E aggiunse qualcosa in arabo,
mi parve due nomi. I due andarono via senza battere ciglio, e presto altri
due entrarono. Avranno avuto sì e no diciott’anni e ti colpivano per una
certa fragilità: spalle magre, torace stretto, collo smilzo. Sai, il tipo che
passa bene dentro i tunnel di lo spinato, largo appena mezzo metro. Si
assomigliavano molto malgrado uno fosse bruno e l’altro biondo. Avevano
il capo scoperto e abiti di città. Il biondo era per no elegante: calzoni di
velluto e pullover rosso vino. Abu Kalid li squadrò e disse: «Na’am, sì».
Fecero dietro front e uscirono. Per tornare in meno di cinque minuti, però,
stavolta indossando la tuta mimetica e una specie di cu a che gli
chiudeva la testa no al mento. S’erano anche sporcati il viso di
nerofumo, tra il nerofumo le pupille spiccavano lucide e tristi, e in spalla
portavano il kalashnikov.
«Bkatirkun, arrivederci», mormorarono. «Fi ama illa, arrivederci. Yallà,
fate presto», rispose Abu Kalid. Poi ci spiegò che andavano in
avanscoperta, laggiù tra i campi di mine, per preparare un attacco che
sarebbe avvenuto domani. Neanche mezz’ora dopo avremmo udito quei
tonfi. Quelle due esplosioni.
«Mi parli di sé, Abu Kalid.» Era una richiesta un po’ strana se pensavi
alle circostanze e all’ora: le due del mattino. Ma appariva evidente che
egli non sarebbe andato a dormire, che avrebbe aspettato il ritorno dei
due ragazzi. «Di me?» Sbirciò l’orologio, come a calcolare qualcosa,
suppongo il tempo che i due avrebbero impiegato per arrivare alla
sponda, restò un attimo sovrappensiero. «Sì, certo, se vuole.
Ma ignoro la mia età. Calcolando che mio padre fu ucciso nel 1936,
quando avevo all’incirca tre anni, dovrei avere trentasei anni.» (Ne
dimostrava cinquanta.) «Abu Kalid, chi lo uccise?» «I terroristi dell’Irgun,
gli ebrei. Lui era già nel gruppo di coloro che combattevano per opporsi
alla creazione di Israele. E anche mia madre. Gli altri, di solito, ricordano
la madre nell’atto di cuocer la torta o pulire la casa: io la ricordo col fucile
in mano, o un pacco di munizioni da portare in montagna a mio padre.»
«E sua madre?» «Non la vedo da tempo immemorabile. La lasciai che ero
ragazzo. So che è viva e abita in territorio occupato dove collabora alla
Resistenza. Ha perso tutto. Mio padre le aveva lasciato una casa e un
campo dove coltivava le olive: era un contadino.
Ma gli israeliani minarono la casa e sequestrarono il campo.» «E lei
cosa fece?»
«Continuai a fare il contadino, qua e là. Poi a quattordici anni andai a