Page 366 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
P. 366
banconote, fon per asciugare i capelli, e per no soprammobili tra cui un
falchetto impagliato, roba su cui i kuwaitiani si gettavano come avvoltoi
a amati disinvoltamente rubando il rubato. «Era nostra, no?» Di morti,
però, solo due. Uno, tra tto da una ra ca e nero di mosche, al volante di
una Mercedes. E uno, carbonizzato sotto un autoblindo. E gli altri?
Dov’erano niti i trentamila o ventimila o diciottomila o dodicimila
militari del convoglio? Possibile che salvo quei due fossero già stati tutti
raccolti, sepolti a tempo di record? Possibile. E a sostenere la tesi c’era la
presenza di bulldozer che servono a scavare le fosse. C’era anche il
racconto d’un fotografo che l’indomani aveva visto i bulldozer al lavoro, e
perduto un’istantanea da Premio Pulitzer. «Più che fosse, trincee
interminabili dentro le quali i cadaveri venivano allineati poi coperti con
la sabbia. Questo deserto è ormai un cimitero. Peccato che non possa
dimostrarlo: i Marines mi hanno requisito il rotolino. E conteneva
un’istantanea da Premio Pulitzer, sa? Quella d’un caporale che a un certo
punto ha ccato nella sabbia il kalashnikov d’un iracheno, ci ha
appoggiato sopra il suo elmetto, e portando la mano alla fronte s’è messo
sull’attenti.» In ne c’era la frase pronunciata da Schwarzkopf sui soldati
iracheni morti: «Many, many, many, many, many. Molti, molti, molti,
molti, molti. And many have been already buried. E molti sono già stati
sepolti». Eppure quando ho voluto accertarmene con gli americani, ho
trovato un muro di silenzio. Per una settimana nessuno ha aperto bocca.
Nessuno. Né a Kuwait City né a Dahran, né a Riad. «I cadaveri? Che
cadaveri?» «I cadaveri del convoglio.» «Il convoglio? Che convoglio?»
«Quello che avete distrutto sulla Jaharah Road.» «Jaharah Road?»
Solamente quando mi sono rivolta al generale Richard Neil e gli ho detto
signor generale, lei sa bene di che cosa parlo, altrettanto bene sa che è
mio diritto chiederle questa informazione, suo dovere darmela, al
comando di Riad mi hanno fornito una prova che il massacro era
avvenuto. «All’attacco hanno partecipato gli F15, gli F16, gli F18, gli
F111, gli Apache e i Cobra.» «E quanti morti ci sono stati?
Dove li avete sepolti?» «Non ne sappiamo nulla, dei morti. Non ci
risulta che siano stati sepolti. L’attacco era diretto contro i veicoli, non
contro i soldati.» «Non contro i soldati? Ma che cavolo di risposta mi dà?»
«La risposta che mi è stato ordinato di darle. Good evening, buona sera.»
Non a caso il verbo to kill, uccidere, veniva sempre usato da loro per le
cose. Mai per la gente. «Five bridges killed. Cinque ponti uccisi.»
«Ten aircrafts killed. Dieci aerei uccisi.» «Fifty tanks killed. Cinquanta
carri armati uccisi.»
Strani tipi, gli americani di questa guerra. A me non sono piaciuti. Non
erano gli americani che ho conosciuto in Vietnam: i ragazzi gioviali e