Page 369 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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controllo.  Nella  speranza  che  fosse  riuscito  anche  ad  azionare  i
          paracadute,  sono  tornati  in  quel  punto  tre  volte.  Ma  invano…  Piango

          soprattutto per Rupert, sai. Era un tipo così straordinario, e così sicuro di
          farcela. Ripeteva sempre che a casa lui ci sarebbe tornato. I’m immortal,
          sono immortale! Steve invece no. Mi son chiesto spesso perché non stesse
          mai con gli altri e avesse quel visuccio malinconico, triste. E Chris Du y,
          uno  che  lo  conosceva  bene,  oggi  me  l’ha  detto.  Mi  ha  raccontato  che,

          quando giunsero a Manama, Steve ebbe una crisi tremenda. D’un tratto,
          mentre partecipavano a un party che il Comando aveva organizzato per
          festeggiare  il  loro  arrivo,  scoppiò  in  lacrime  e  corse  nel  bagno  dove  si

          mise a battere la testa nel muro e a singhiozzare: “Non ce la farò! Sento
          che non ce la farò! Non tornerò! Sento che non tornerò! Morirò! Sento che
          morirò!”. Né serviva a nulla che Chris tentasse di calmarlo. Ora smettila,
          basta, per favore. Lo sapeva, capisci?» «Sì, lo sapeva» risposi. Poi Michael
          Deane mi fece promettere che a guerra  nita sarei passata di nuovo dal

          Bahrein  per  bere  coi  piloti  alla  memoria  di  Steve:  di  Rupert  e  di  Steve.
          Promisi,  e  a  guerra   nita  ci  sono  ripassata  davvero.  Ho  bevuto  alla
          memoria di Steve. Ma non ho bevuto alla memoria di Rupert. Nessuno ha

          bevuto alla memoria di Rupert. Ecco perché.
             John Braedbent e Nigel Risdale avevano visto male:  no a 1500 metri
          d’altezza  Rupert  era  riuscito  davvero  a  mantenere  il  controllo  del
          Tornado.  E  a  1300  metri  era  riuscito  ad  azionare  i  paracadute.  Mentre
          l’aereo precipitava, la carlinga s’era aperta e sia lui sia Steve erano stati

          catapultati  fuori.  «Ragazzi,  chi  ha  le  gambe  deboli  segga»  urlò  John
          Braedbent, la sera di lunedì 11 marzo, piombando al bar dello Sheraton.
             «Rupert è vivo. Era stato preso prigioniero dagli iracheni che l’hanno

          appena  restituito:  ci  ho  parlato  al  telefono  un  minuto  fa.»  «E  Steve?»
          chiesero  tutti.  «Steve  no.  Rupert  lo  vide  atterrare  a  tre  o  quattrocento
          metri da lui, vide anche gli iracheni che gli si avvicinavano per catturarlo
          e  facevano  gesti  per  dirgli  alzati-su-alzati.  Ma  Steve  non  si  alzò.  Era
          morto.»



             Post-scriptum: la verità

             So che ad alcuni non è piaciuta la mia corrispondenza sulla liberazione
          di  Kuwait  City,  il  mio  sospetto  che  quello  iracheno  fosse  un  esercito  di
          ladri  e  di  volgari  saccheggiatori  piuttosto  che  di  assassini  alla  Hitler,  il
          mio  bisogno  di  ridimensionare  le  esagerazioni  di  chi  per  leggerezza  o
          interesse  o  sensazionalismo  moltiplica  uno  per  cento  e  cento  per  mille.

          (Abitudine  molto  di usa  in  quella  parte  del  mondo,  come  ricordano  i
          trecento  morti  che  nel  1979  l’esercito  iraniano  fece  in  una  piazza  di
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