Page 346 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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viveva  per  il  gioco  del  calcio:  sport  per  il  quale  nutriva  una  fanatica
          venerazione.  Però  appena  seppe  che  le  truppe  di  Saddam  Hussein

          avevano invaso la capitale, saltò sulla sua fuoriserie e corse alla residenza
          abbandonata da Jabel. Tutto solo si mise a sparare dalle  nestre contro i
          carri armati, e continuò  no a quando una ra ca degli iracheni lo tagliò
          in due. Bè, i  gli Ahmed e Advì gli assomigliano. La prima cosa che mi ha
          detto  Ahmed  ricevendomi  nella  lussuosa  villa  in  cui  ha  sede  il  quartier

          generale di Al Fohood è stata una spacconata alla Rambo: «Ogni giorno
          noi  ammazzavamo  tre  o  quattro  iracheni  e  per  evitare  rappresaglie  li
          seppellivamo». Ma soprattutto gli assomiglia Advì, cupo ventiquattrenne

          sempre vestito di un thobi nero, che malgrado la legge marziale continua
          a esibire un rivoltellone nella fondina nonché un mitragliatore a tracolla,
          dichiara  di  non  avere  abbastanza  vendicato  suo  padre  sicché  presto
          scoccherà  l’ora  dei  collaborazionisti,  ride  in  faccia  a  chi  gli  dice:  «Advì,
          non procurarci problemi». Tanto, chi tocca il nipote dell’emiro?

             Sì, incombono tragedie nuove su questa città dove l’acqua e l’elettricità
          e il telefono continuano a mancare perché nessuno si è ancora curato di
          rimediare  al  disastro  causato  dagli  iracheni  e  dove  il  cibo  continua  a

          mancare perché invece di riprendere il lavoro si perde tempo a parlar di
          vendetta. È davvero possibile che Kuwait City diventi una seconda Beirut.
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