Page 344 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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omaccione ba uto che in maniche di camicia si erge su un carro armato
iracheno. «Awli Battagh, braccio destro di Arafat, sta a Kuwait City e non
mi darò pace nché non lo avrò scovato. Per riuscirci sono pronto a
fermare ogni automobile, a setacciare ogni quartiere, a interrogare ogni
famiglia palestinese, ad arrestare qualsiasi sospetto. Almeno il 20 per
cento dei 250.000 palestinesi abitanti a Kuwait City costituiscono
l’ossatura di un attacco a venire, e io non posso permettermi di recitare la
commedia del perdono o della riconciliazione.» Poi, quasi col pianto in
gola: «Un attacco a venire, sì. Non cambiano mai sistema, i palestinesi.
Grazie all’appoggio internazionale si presentano frignando aiuto, sono-
senza-casa, sono-senza-patria, gli-ebrei-me-l’hanno-rubata.
Commossi dalle loro disgrazie li accogli, gli o ri la tua, e a un certo
punto te la portano via. Le pare giusto?!?». E il suo aiutante, capitano
Khalid: «Alcuni li assolvono.
Dicono che la colpa non è loro, è dei loro capi. Ad esempio, di quel
cretino di Arafat.
Io però non li assolvo per niente e ribatto: ogni popolo ha i capi che
merita, comunque i capi che sceglie, e chi ha scelto Arafat? Chi continua a
tenerselo malgrado i suoi voltafaccia e i suoi errori, le sue incapacità?
Io?».
Il giudizio dei Thamer Al Dakheel, dei Kalifa Al Ghanin, dei colonnelli
Muhammad, e dei capitani Khaled corrisponde a quello dell’intera
popolazione. Non trovo una sola persona, a Kuwait City, che non
pronunci con rancore o collera la parola «palestinesi».
E i segni di quel rancore, di quella collera, si trovano per no sui muri.
L’u cio che Abu Abbas aveva aperto durante l’occupazione è stato
bruciato, e quello che Arafat teneva da anni è stato devastato. Strappata
l’insegna che lo sormontava in arabo e in inglese, «Sede del Pio», hanno
attaccato sulla facciata due grossi cartelli e il primo dice: «Non vogliamo
ipocriti come Hussein di Giordania e Yassir Arafat, non vogliamo gangster
come voi del Pio. Palestinesi, dovete lasciare il nostro paese». Il secondo
dice: «Chi ci tradisce e ci consegna al nemico non appartiene al Kuwait.
Palestinesi, uscite dalle nostre case e dal nostro paese. Restituiteci ciò che
avete rubato e andate via». Vi sono anche due poster di Saddam Hussein:
quelli che lo ritraevano a acciato a un gran mazzo di rose rosa e alla
dicitura: «Colui che ci porterà la vittoria e la pace».
Cancellata la dicitura, su uno hanno scritto: «Colui che ci ha portato
morte, distruzione e traditori palestinesi». L’altro dice: «Che tu sia
dannato insieme ai tuoi complici palestinesi». E appena sosti per leggere
o fotografare, sbuca un kuwaitiano che grida:
«Mascalzoni? Gli permettevamo di avere un u cio, a quei mascalzoni.