Page 341 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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I giorni del rancore
«Per favore, lasciatemi andare, per favore! Per favore, per favore…»
supplica il giovanotto in maglietta azzurra e pantaloni bianchi fermato al
posto di blocco presso il lungomare. E supplicando trema in modo così
convulso che non riesce a tenersi in piedi, le sue gambe sono piegate
come se stesse per inginocchiarsi. Tremando leva due occhi talmente
dilatati dal terrore che il suo volto sembra fatto di occhi e basta. Ma i
guerriglieri che lo hanno fermato, tre ottusi individui con l’uniforme
mimetica e il bracciale rosso alla manica destra, non hanno alcuna
intenzione di lasciarlo andare. Dai documenti requisiti risulta che
l’automobile sulla quale viaggiava è una di quelle rubate ai kuwaitiani, e
dopo avergli ingiunto di incrociare le mani dietro la nuca lo spingono
verso il muro. Puntano i mitragliatori come se stessero per fucilarlo. «Chi
è?» chiedo all’interprete che mi accompagna. «Un palestinese» risponde
lui, freddo. «Che gli faranno? Lo fucileranno?» «Purtroppo no, lo
consegneranno alla polizia.» «E poi?»
«Poi non so, dipenderà dal grado di colpevolezza.»
Intanto i tre ottusi individui con l’uniforme mimetica e il bracciale rosso
alla manica destra lo picchiano. Lo prendono a calci negli stinchi, gli
battono sulla schiena le canne degli M-16, e la gente guarda compiaciuta.
Un uomo col thobi grida: «Non perdete tempo! Ammazzatelo subito!». E
appare molto irritato quando, invece di ammazzarlo subito, i tre
chiamano via radio una camionetta che se lo porterà via.
Al posto di blocco seguente, lo stesso. Qui i fermati sono una coppia di
barbuti sui quarant’anni, e la faccenda è più grave perché entrambi
avevano in tasca una rivoltella col colpo in canna: secondo la legge
marziale che il governo fantasma ha già messo in vigore potrebbero venir
fucilati seduta stante, e una ragazza con Yhabaja nero protesta:
«Che aspettate, che aspettate?». Rannicchiati sul marciapiede e
ammanettati, i due emettono suoni indistinti e non riescono nemmeno ad
articolare un per-favore, per-favore.
Intanto a Saliya, il quartiere dove abita il grosso dei palestinesi, un
edi cio è stato circondato dai carri armati dell’esercito e, chini sulle
mitragliatrici, i soldati sparano contro una nestra da cui due ombre
rispondono a ra che di kalashnikov. «Doveva essere una semplice retata
per arrestare gli arafatiani, colpevoli di ospitare i militari iracheni non
ancora arresi,» mi spiega l’u ciale che dirige il piccolo combattimento
«ma appena ci siamo avvicinati si sono messi a tirare, quei maledetti.
Maledetti, sì, maledetti. Vorrei liquidarli tutti.» E nalmente capisco quel