Page 337 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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sulla parola, ma se vuoi saperne di più e gli chiedi dove e quando
diventano vaghi: «don’t know, non lo so». Lo stesso se chiedi particolari
sulle esecuzioni in massa avvenute nelle ultime ore. «Ma dove sono questi
morti, dove li hanno lasciati, dove li hanno sepolti?» «Non lo so.» Uno
risponde addirittura che li hanno portati via. «Via dove?» «A Bagdad.» «E
come?» «Coi carri armati, coi camion.» Di sicuro c’è soltanto che nelle
ultime ore l’esercito di volgarissimi ladri anzi di saccheggiatori ha rubato
molte automobili. «Ci fermavano e ci chiedevano le chiavi. Se ti opponevi,
ti difendevi, ti ammazzavano con un colpo di rivoltella.»
Restiamo quasi mezz’ora nel frastuono mostruoso e nel tumulto dei
racconti imprecisi o incompleti. Poi risaliamo sul pullman, passando tra
ali festose di folla che continua a crederci liberatori e a ringraziarci,
percorriamo un altro chilometro e alla seconda curva siamo bloccati di
nuovo. «My sister raped, my father killed, my car stolen.» Sebbene le case
che orlano la strada siano del tutto intatte, non un foro di proiettile ai
muri, non una tegola spostata sui tetti, ci dicono anche che il centro della
città è stato distrutto, che gli iracheni hanno fatto saltare o bruciato tutti
gli edifici.
Davvero? Davvero: «Go and see, andate a vedere».
Però quando arriviamo al centro non troviamo nulla di ciò che ci è stato
promesso: a parte la mancanza dell’acqua e della luce elettrica, anche qui
la città si presenta illesa e per trovare segni di distruzione dovremo
passare dinanzi allo Sheraton e al Meridienne, i due alberghi cui gli
iracheni hanno appiccato il fuoco prima di partire. Poi visitare il Sief
Palace, cioè il palazzo del governo completamente crollato. E va da sé che
allo Sheraton come al Meridienne l’incendio è stato spento, il danno non
è irrimediabile, che il Sief Palace non è stato minato ora, ma sette mesi fa.
Se la sono cavata bene in quel senso. Non è distrutto nemmeno il museo
nazionale di cui l’esercito dei volgarissimi ladri, anzi saccheggiatori,
impacchettò per spedire a Bagdad la più bella collezione d’arte islamica
che esistesse al mondo, le sculture millenarie, i gioielli turchi e iraniani, i
manoscritti che risalivano al tempo di Maometto, e in ottimo stato è
anche l’Ai Salhya Complex, cioè il complesso dei negozi dove si sono presi
anche i cassetti che contenevano la merce. Quanto alle ambasciate che in
agosto misero sotto assedio, non sono state toccate. Inclusa quella
americana dove le nestre sono aperte e le tende ondeggiano al vento. Il
centro, inoltre, è pulito. Nessuna traccia della spazzatura che insozza le
città straziate da un assedio o da una ritirata. E nessun segno del sangue
che ne insozza i muri quando centinaia di persone vengono fucilate.
L’unica cosa che sconvolge è il silenzio immobile del quartiere deserto.
Nessuno cammina per le strade, nessuno si a accia dai balconi o dai tetti