Page 29 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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l’imbarazzante questione dicendo al capitano Gokcen che di queste cose,
purtroppo, non ne sapevo gran che e la strategia militare era più
misteriosa, per me, delle mussulmane che non portano il velo. «Oh, lei
deve avere idee molto confuse sulle mussulmane che non portano il velo»
rise il capitano Gokcen versandomi il liquore di rose. «Forse è meglio che
vada in giro a dare un’occhiata. Le donne sono molto cambiate in questo
paese e mi dispiacerebbe esser considerata una specie di mostro. Vada,
vada. Poi torni e riprendiamo il discorso.»
Lo disse col tono che non ammetteva disubbidienza, il capitano Gokcen,
e sembrava anche un po’ infastidita. Così inghiottii il liquorino ed uscii,
insieme a Lunik, per dare un’occhiata alle mussulmane che non portano il
velo. Lunik aveva l’aria di chi non sa a che santo votarsi. Non aveva mai
visto una donna col velo ed ignorava perciò la di erenza con quelle che
non portano il velo. «Mia madre» brontolò «non ha mai avuto il velo e
mia nonna lo gettò a sedici anni. Ma era tanto moderna che, col velo,
portava anche l’ombrellino e una volta tentò di spaccar l’ombrellino sulla
testa del ministro dell’Alimentazione perché aveva trovato una mosca nel
pacco del tè.» Poi Lunik accese una sigaretta e a metà sigaretta decise che
avrebbe chiesto consiglio alle sue amiche Sevin Erkin ed Aygen Toygarli.
Sevin studia all’Accademia di arte drammatica per diventare critico
teatrale e cinematogra co e Aygen lavora in un quotidiano: certo
avrebbero avuto qualche idea luminosa. «A quest’ora» disse Lunik «sono
certo in cantina. Andiamo a cercarle.»
Andammo alla cantina che è un garage degli amici di Lunik, ceduto dai
loro parenti per suonarci il jazz senza disturbare la nonna. Alle pareti
della cantina c’erano fotogra e ritagliate dai giornali di Armstrong, Ella
Fitzgerald e qualche attrice del cinema. Sui cuscini alla turca sedevano
alcuni ragazzi che ascoltavano con espressione compunta un disco di Erta
Kitt e sul divano sedevano Aygen e Sevin, belle e sottili come due modelle
di «Harper’s Bazaar». «Le turche» rise un ragazzo «sono assai belle. Non lo
sapeva che i nostri bisnonni razziavano le ragazze più belle d’Europa per
venderle come schiave negli harem?» Sevin era pettinata secondo la moda
lanciata da Farah Diba ed Aygen aveva i capelli decolorati in un biondo
chiarissimo, un abito assolutamente scollato. Bevevano vodka segnando
col piede il tempo della canzone e la scena non era molto diversa da
quelle cui m’era capitato d’assistere a qualche innocente riunione nelle
case di Roma, del Greenwich Village a New York, o della riva sinistra a
Parigi. I ragazzi portavano blue jeans e camicie a quadri e sapevano tutto
sul festival di Sanremo. Ci chiesero se la canzone di Rascel meritava
davvero di vincere, comunque loro preferivano Marino Barreto jr. Sevin e
Aygen avevano studiato, con Lunik, all’American College di Istanbul ed