Page 27 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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Donne senza velo




             Io la chiamo Lunik ma il suo vero nome è Aylin che in turco signi ca la
          linea che corre intorno alla luna. Lunik ha poco più di vent’anni, è una

          bella ragazza con le gonne corte come vuole Yves Saint Laurent, gli occhi
          fermi di chi è abituato alla luce del sole, e non ancora sposata malgrado
          sia  mussulmana  perché  lei  il  marito  intende  sceglierlo  da  sé  e  non  ha
          trovato,  n oggi, un tipo che le piaccia abbastanza. Lavora al ministero

          degli A ari Esteri ad Ankara, si fa fotografare nelle moschee ridendo se il
          muezzin si arrabbia, ed io la chiamo Lunik perché mi sembra che Lunik
          renda assai bene l’idea delle donne mussulmane che non portano il velo e
          sono quindi libere, rispettate e infelici come lo siamo in Occidente, vale a

          dire sapendo di esserlo: che è sempre un vantaggio.
             Devo  a  Lunik  l’incontro  più  sorprendente  che  un’europea  possa  fare
          nell’Islam: quello col capitano Sabiha Gokcen, istruttore pilota degli aerei
          a reazione e  glia adottiva di Kemal Ata Turk, l’uomo che tolse il velo alle

          donne  della  sua  terra.  Il  capitano  Gokcen  è  famosa,  tra  le  donne
          dell’Islam,  come  tra  noi  lo  sono  Marilyn  Monroe  e  Clara  Luce  messe
          insieme,  e  il  mito  che  la  circonda  è  superiore  per no  a  quello  di  sua
          altezza  reale  la  principessa  Lalla  Aisha,  primogenita  del  sultano  del

          Marocco  ed  eroina  delle  mussulmane  che  vivono  al  di  là  dell’Egeo.
          Nessuno viene mai ricevuto dal capitano Gokcen, dinanzi alla cui casa fa
          la guardia un soldato in alta uniforme, ma nessuno dice di no a Lunik e fu
          così che, appena giunti in Turchia, andammo a trovarla per vedere come

          sono le donne che gettarono il purdah alle ortiche.
             «Vedrai»  diceva  Lunik  «che  personaggio.  Di  fronte  a  lei  gli  uomini  si
          sentono  piccoli  e  i  generali  scattano  sull’attenti.  Non  puoi  capire  chi
          siamo  se  non  parli  a  Sabiha  Gokcen.»  «Ma  sei  sicura  che  sia

          mussulmana?» chiedevo. «Certo che è mussulmana» rispondeva Lunik. «La
          mussulmana più mussulmana che tu possa incontrare in Turchia.»
             Suonammo alla porta, il soldato in alta uniforme imbracciò sospettoso il
          fucile. Poi una donnina piccola e tonda ci fece passare in un salotto pieno

          di ninnoli, aerei in miniatura e diplomi, alla parete principale del quale
          era appeso un grande ritratto a colori dell’Ata Turk.
             «Vuole  annunciarci  al  capitano  Gokcen?»  disse  Lunik  con  l’aria  più
          rispettosa possibile. «Siete quelli del giornale?» chiese la donnina con un

          tono  dimesso.  «Certo»  disse  Lunik.  «Oh!»  esclamò  la  donnina  e  subito
          scappò  ripetendo  «Oh!  Oh!».  Quando  tornò  indossava  un  altro  vestito,
          stretto sui  anchi pieni e il seno aggressivo, portava scarpe coi tacchi alti
          e  riccioli  pettinati  con  cura  intorno  al  viso  appassito,  le  labbra  tinte  di
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