Page 25 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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ci  andò»  dice  con  un  sospiro  rassegnato  Tazeen  Faridi.  «Il  “Times”  di
          Karachi rivelò che la ragazza avrebbe dovuto esibirsi in costume da bagno

          dinanzi  a  dodici  milioni  di  spettatori  della  TV  e  per  poco  non  venni
          linciata.»
             Stavo dunque parlando con Tazeen Faridi quando la Madre dell’Assente
          arrivò.
             Arrivò guardandosi sospettosamente alle spalle, quasi temesse di venire

          inseguita da un’orda di mullah decisi a raparla, e il suo burka nero non
          aveva  neppure  i  bucolini  all’altezza  degli  occhi.  «Via  quel  cencio»  disse
          Tazeen Faridi in inglese. E, poiché l’altra si ritraeva esitante, con gesto

          autoritario  glielo  levò.  Sotto  c’era  una  donna  sui  quarant’anni,  nera  e
          sudata,  coperta  di  gioielli  e  di  lividi.  Non  osava  parlare  dinanzi  a  una
          estranea  ma,  alla   ne,  parlò.  Ecco,  parola  per  parola,  quello  che  disse
          secondo la traduzione di Tazeen Faridi.
             «Avevo quattordici anni e lui trentadue. Le zie e le cugine mi dissero che

          il suo naso era mangiato dal vaiolo però mi prendeva per tremila rupie e,
          brutta come ero, non potevo pretendere di più. Loro si scambiarono dolci
          e  regali,   rmarono  il  contratto  e  lui  mi  portò  a  casa  sua.  Mi  dette  un

          ragazzo di tredici anni per sorvegliarmi, però guardava sempre il ragazzo
          e  non  mi  prestava  un  po’  di  attenzione.  In ne  mi  prestò  un  po’  di
          attenzione  e  quando  venne  il  momento  di  partorire  io  stetti  male.  La
          dottoressa non c’era, c’era il dottore, ma una donna non può mostrarsi al
          dottore, così il  glio morì. Poi la dottoressa venne ma il  glio era morto e

          la dottoressa disse che non avrei potuto avere altri  gli. Così io divenni la
          Madre  dell’Assente  e  lui  fu  generoso  perché  non  mi  cacciò.  Si  prese
          un’altra moglie e quando lei partorì il  glio io la dovetti aiutare. Lui ci

          manteneva nel medesimo modo, come vuole il Corano, e ci regalava gli
          stessi  gioielli,  però  mi  picchiava  e  la  dottoressa  disse  che  potevo
          domandare il divorzio ma io mi vergognavo a fare il processo e poi non
          avevo i soldi per fare il processo e poi una donna divorziata che fa? Ora
          lui  ha  visto  una  ragazza.  Costa  trentamila  rupie  ma  vuole  prenderla  in

          moglie. Però non c’è posto per tre e io sono vecchia. Così ha detto: “talàk
          talàk talàk” e mi ha ripudiato. La dottoressa mi ha detto di venire qui. Ma
          ora dove vado, che faccio?»

             Come  i  dottori  che  non  si  commuovono  per  il  mal  di  pancia  del  loro
          cliente,  la  Begum  non  mostrò  nessuna  emozione  al  racconto  e  promise
          alla  donna  che  avrebbe  tentato  di  sistemarla  in  qualche  istituto  o  in
          qualche famiglia dove avevano bisogno di servi o in una casa di vedove
          sebbene  non  fosse  una  vedova  e  la  cosa  sarebbe  stata  di cile.  Poi  mi

          spiegò  che  nel  mondo  mussulmano  una  donna  non  può  vivere  sola,
          nemmeno se lavora.
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