Page 30 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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Aygen  mi  chiese  qualche  indirizzo  di  New  York:  l’anno  prossimo  voleva
          andare a New York a tentar la fortuna come modella.

             Quando volli sapere se erano  danzate o sarebbe loro piaciuto sposarsi,
          si  misero  a  ridere.  «Oggigiorno»  disse  Aygen  «una  donna  non  ha  più
          bisogno  di  prender  marito.  Può  cavarsela  benissimo  da  sola.»  Però,
          quando  decidemmo  di  andare  a  mangiare  in  un  posto  dove  ci  fosse  un
          poco  di  musica,  tutte  e  due  telefonarono  a  casa  per  domandare  il

          permesso.  La  cena  fu  lunga,  sebbene  le  tre  ragazze  fossero  a  dieta.
          Decidemmo di dare un’occhiata alle donne giudici e alle donne soldato e
          ci lasciammo che erano quasi le due. «I vostri genitori saranno arrabbiati»

          dissi a Sevin, Aygen e Lunik. «Perché?» risposero in coro. «A Milano una
          ragazza non può tornare a casa alle due?» «Dipende» dissi. «La maggior
          parte  dei  genitori  non  lo  permette.»  «Che  strano  paese»  osservarono  in
          coro.
             L’indomani,  del  tutto  ignara  d’avermi  già  fatto  conoscere  alcune

          mussulmane che non portano il velo, Lunik non mi salvò da uno solo degli
          appuntamenti  decisi  secondo  il  volere  del  capitano  Sabiha  Gokcen.  Alle
          nove del mattino eravamo già alla caserma della Military Medical School,

          alle  dodici  eravamo  di  fronte  alla  neo  ambasciatrice  Adilé  Aylà,  alle
          quindici eravamo inchiodate di fronte alle onorevoli giudici Rayet Arkum
          e  Muazzez  Tümer:  ed  erano  interviste  paradossali  in  confronto  a  quelle
          con le donne in purdah. In caserma, il tenente Turkan Gülver indossava la
          divisa kaki degli u ciali, con la sola di erenza che al posto dei calzoni

          c’era  una  sottana.  Aveva  ventiquattro  anni  e  il  corpo  tarchiato  delle
          donne di Kars, la regione al con ne della Russia dove è nata. Non aveva
          cipria o rossetto sul viso largo di contadina e i suoi capelli erano corti,

          senza  la  messa  in  piega.  Il  regolamento  vieta  l’uso  della  cipria  e  il
          rossetto,  a  qualsiasi  sesso  i  soldati  appartengano.  Vieta  anche  di  farsi
          allungare i capelli o di pettinarsi in modo speciale.
             Il generale Sitki Ulai mi spiegò quale meraviglioso u ciale essa fosse:
          disciplinata,  priva  di  qualsiasi  civetteria,  aveva  vinto  per no  una

          medaglia  d’argento  nelle  gare  di  tiro  dove  i  maschi  sono  mischiati  alle
          femmine. Il tenente Gülver ascoltava sull’attenti e ogni tanto muoveva il
          collo perché aveva la cravatta un po’ stretta. Quando Lunik le traduceva

          le  mie  domande  scattava  come  le  guardie  di  Elisabetta  che  si  danno  il
          cambio  dinanzi  a  Buckingham  Palace  e  scattando  arrossiva   no  alle
          orecchie come una ragazza dell’Azione cattolica alla quale si chieda se le
          piacerebbe  passare  un  week  end  con  Paul  Newman.  Non  intendeva
          sposarsi, disse, nell’esercito avrebbe meglio servito la patria. La sua vita,

          disse, era a ascinante; s’alzava ogni mattina alle sette e andava a letto
          alle  nove.  Studiava  veterinaria  e  il  sabato  pomeriggio  aveva  tre  ore  di
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