Page 32 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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all’uncinetto  perché,  dice,  ha  la  mano  leggera,  e  durante  i  processi  è
          sempre  truccata  con  cipria  e  rossetto.  «Certo  che  ci  possiamo  truccare.

          Perché non dovremmo? La toga è così asessuale e una donna ci tiene a
          sembrare più carina possibile anche se siede sopra uno scanno. In Italia è
          forse proibito?»
             «In  Italia  non  esistono  donne  giudici,  vostro  onore.»  «Oh,  che  strano
          paese. Perché?»

             Anche la signora Arkum è una signora assai dolce e le dispiaceva di non
          potermi sorprendere raccontandomi che ha condannato a morte qualcuno:
          ma  lei  era  procuratore  generale  prima  di  presiedere  il  tribunale  di

          Cassazione.  «Mi  ricordo»  diceva  «quando  incominciai,  in  un  paese
          dell’Anatolia.  L’emozione  mi  saliva  alla  gola  e  dalla   nestra  veniva  un
          profumo  di  rose:  facevo  l’inchiesta  su  un  tale  che  aveva  ammazzato  la
          moglie. A volte invece dovevo fare perizie in villaggi lontani: così salivo a
          cavallo  e  passavo  la  notte  nelle  foreste.»  «E  non  aveva  paura,  vostro

          onore?» «Di cosa avrei dovuto avere paura, madame? Degli alberi o delle
          montagne?»  «E  non  le  è  mai  capitato,  vostro  onore,  di  trovarsi  in  una
          situazione difficile facendo un mestiere tanto difficile?»

             «Oh,  sì:  il  giorno  in  cui  condussi  un  processo  dove  mio  marito  era
          avvocato difensore.
             Mio  marito  perse  la  causa.»  «E  ciò  le  dispiacque,  vostro  onore?»  «Ma
          no, ci trovai un gran piacere. L’imputato aveva torto da vendere.»
             La  signora  Arkum  è  la  moglie  di  un  penalista  ed  ha  una  bambina  di

          cinque anni.
             Diventare  una  giudice  era  il  suo  sogno,   n  da  bambina,  però  il  suo
          hobby è fare golfetti.

             «Guardi  questo  golfetto:  l’ho  fatto  da  me.  Il  motivo  le  piace?  L’ho
          trovato su un  gurino francese. Adoro la moda francese. Mi dica: perché
          non ha avuto successo il trapezio di Dior?» «Non lo so, vostro onore. Mi
          dica, piuttosto: ci sono molti divorzi in Turchia?»
             «Oh, sì. Da quando Kemal Ata Turk introdusse il nuovo codice civile che

          aboliva la poligamia e i privilegi maschili, nel 1926, ci sono molti divorzi
          in Turchia.» «E lo chiedono più facilmente gli uomini oppure le donne?»
          «Gli  uomini,  purtroppo.  La  verità  è  che  non  ci  hanno  mai  perdonato

          d’aver tolto il velo.»
             Il  velo  delle  turche,  o  yashmak,  non  fu  mai  un  purdah.  Era  un  velo
          sottile  che  lasciava  scoperti  gli  occhi  e  la  parte  superiore  del  naso  e
          attraverso il quale trasparivano i lineamenti. Non fu di cile ad Ata Turk
          ordinare  alle  donne  di  toglierlo  pena  l’arresto:  anche  perché  il  Corano

          non  in uenzava   no  alle  radici  la  vita  di  questo  paese.  La  repubblica
          turca  fu  dall’inizio  una  repubblica  laica:  così  piacevolmente  laica  che  i
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