Page 22 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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«Qualche volta, però, fanno tutto da sé e allora si dice che è un
matrimonio d’amore» spiegai.
«E questo amore dura tutta la vita?» «Qualche volta» dissi. «Però molto
di rado. A volte si stancano e arrivano per no a odiarsi.» «Che cosa
assurda,» disse la suocera «che bisogno hanno di amarsi o di odiarsi?»
«Ha tutta l’aria d’aver ricevuto una bella lezione» disse il pakistano
quando scesi al rinfresco da cui erano escluse le donne. Il pakistano stava
accanto allo sposo e lo sposo non mostrava nessuna impazienza di
raggiungere la piccola moglie che piangeva nel buio: quando gli feci gli
auguri mi guardò, sconcertato, senza capire perché mai gli facessi gli
auguri. «Non lo so» risposi al pakistano, «non sono proprio sicura di aver
ricevuto una bella lezione. Perché ha detto alla sposa che lui le avrebbe
dato tanti bambini?» «Perché se gli fa tanti bambini non verrà ripudiata»
rispose. «E crede che potrebbe ripudiarla?» domandai. «È così giovane e
bella.» «Cosa c’entra,» rispose «a che serve una donna giovane e bella se
non partorisce? Uno sposa una donna perché partorisca. Una famiglia
senza bambini non è una famiglia.» «Mi piacerebbe» esclamai «vedere la
faccia di uno che ha ripudiato la moglie, a parte lo scià dell’Iran.»
«Quante storie» rispose «con quel povero scià. Come se in Occidente non
si ripudiasse la moglie.»
Questa fascia della terra dove non esistono zitelle, né matrimoni
d’amore e la matematica diventa opinione, comprende ben seicento
milioni di persone, la metà delle quali a occhio e croce sono donne.
L’Islam è immenso, e il Pakistan è una minuscola parte dell’Islam: certo
tra le più progredite. Non si può quindi pretendere di capire la realtà delle
donne mussulmane fermandosi solo a Karachi: in Arabia Saudita, dove il
visto sul passaporto è negato ai giornalisti, ai turisti e alle donne, la
realtà è più sconcertante. Lì esistono gli harem come quelli del re dello
Yemen che vedemmo l’anno scorso in Europa quando andava a spasso
con una trentina di mogli. Chi scrive, però, è stata in Iran, in Iraq, in
Marocco: e il quadro è press’a poco lo stesso. La prima impressione che
una donna occidentale riceve giungendo nei paesi rigorosamente
mussulmani è, come in Pakistan, quella d’essere l’unica donna
sopravvissuta a un diluvio universale dove siano a ogate tutte le donne
della terra.
Non c’è una sola donna sull’autobus che ti porta, alle tre del mattino,
dall’aeroporto all’albergo nel centro di Karachi. Non c’è una sola donna
nell’atrio dell’albergo, né per le scale, né sull’ascensore, né lungo il
corridoio no alla stanza in cui dormi. Il servitore addetto alla pulizia
della tua camera è un uomo, quello che ti stira i vestiti o ti aggancia i
bottoni è un uomo. Quello che ti serve al ristorante è un uomo. La voce