Page 17 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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Una guerra appena iniziata
La donna più saggia che ho conosciuto durante questo viaggio, la
Rajkumari Amrit Kaur, glia del Raja di Kapurthala, per sedici anni
segretaria di Gandhi e per cinque anni detenuta in una prigione di Delhi,
mi disse un giorno che le donne sono tutte uguali nel mondo, a qualsiasi
razza o clima o religione appartengano, poiché è la natura umana che è
uguale e il mondo va diventando sempre più uguale: senza colore e senza
sorpresa. Su questo la Rajkumari aveva ragione. Nella giungla del Negri
Sembilan si va in bicicletta e si cuce con la macchina a pedale, negli
harem dello Yemen si usa il telefono, ai piedi delle statue antiche di
Budda si costruiscono grattacieli e fabbriche di pepsi-cola, tra le giunche
cinesi di Shau Ki Wan si schiano le canzonette di un italiano che si
chiama Modugno e, quasi ovunque, le donne imparano ad imitare i nostri
brutti vestiti europei, le nostre stupide scarpe col tacco, la nostra assurda
competizione con l’uomo, e diventano poliziotti o ministri, e si divertono
a sparare il bazooka. Eppure, per quanti modelli francesi si possano
vendere nei magazzini di Tokio, per quante teorie femministe si possano
urlare nei comizi di Bombay, per quante scuole di guerra si possano aprire
a Pechino od Ankara, non è vero che tutte le donne sono uguali nel
mondo.
Ho visto, durante questo viaggio, ogni tipo di donna. Ho visto le
maharani spodestate che ancora oggi posseggono chili di smeraldi, chiusi
negli scrigni di avorio che nessuna riforma sociale riuscirà mai a
catturare, ed ho visto le taxi girl di Hong Kong che per dieci dollari
vendono il loro corpo e la loro dolcezza ad europei assetati di esotismo.
Ho visto le matriarche malesi, gaie superstiti di una comunità che
concede agli uomini l’importanza di un chicco di riso, ed ho visto le
mussulmane la cui vita vale meno di una vacca o un cammello. Ho visto
le pilote che guidano gli aerei a reazione nel cielo di Eskisehir, ed ho visto
le gheisce di Kyoto che a dodici anni imparano a compiacere i ricchi nelle
case da tè. Ho visto principesse in chimono, glie di un imperatore che
discende dal Sole, sposate ad impiegati di banca che guadagnano
quarantamila lire al mese, e ho visto le ultime polinesiane di Hawai che,
nel cuore dell’oceano Paci co, ormai cittadine degli Stati Uniti d’America,
sognano di fare carriera a New York. Ma nessuna di loro era uguale.
Vi sono donne, nel mondo, che ancora oggi vivono dietro la nebbia tta
di un velo e più che un velo è un lenzuolo che le copre dalla testa ai piedi
come un sudario: per nasconderle alla vista di chiunque non sia il marito,
un bimbo o uno schiavo senza vigore. Questo lenzuolo, che si chiami