Page 12 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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lontana e che invece era, ed era sempre stata, a casa nostra.
             Quella mattina Oriana scriveva il suo romanzo.

             Ricordo  bene  la  sua  casa  e  come  aveva  organizzato  la  sua  vita  di
          scrittrice. Viveva da sola in un brownstone di Midtown dell’East Side di
          New York. Palazzone alto e solido con tutti i segni esterni dell’opulenza
          borghese di chi lo aveva costruito. Dentro era invece un covo bohemienne,
          denso di foto e ricordi, cappellini, vecchie stampe, quadri, interi sacchi di

          sigarette (letteralmente grandi sacchi neri della spazzatura comprati pieni
          di  sigarette  per  evitare  il  disturbo  di  troppe  compere),  una  cucina  con
          dentro quasi nulla da mangiare.

             La prima porta a sinistra rispetto all’entrata era invece perfettamente
          abitata, con un ordine militare, con carte impilate su diverse super ci, e
          alle  pareti  un  lunghissimo  gra co  temporale  delle  vicende  di  una
          famiglia, arricchito qui e là di foto in bianco e nero.
             Era  l’u cio  di  Oriana.  La  sua  ultima  trincea.  Nessuno  vi  poteva

          entrare. Fortunati anche solo ad a acciarvisi. Lì avrebbe dovuto  nire la
          sua  vita  di  scrittrice,  recuperando  la  storia  della  sua  vita  e  della  sua
          famiglia.

             Non  lasciava  mai  quella  stanza.  La  lasciò,  e  in  qualche  modo
          definitivamente, quella mattina dell’11 settembre.
             Lasciò perdere il romanzo della sua vita per tornare alla cronaca, alla
          battaglia politica. Aveva riconosciuto quello che aveva già imparato nel
          corso della sua vita di giornalista, ma che forse non aveva mai espresso

          così compiutamente.
             Vide quelle immagini in TV. Descrisse come nessuno la morte di quegli
          uomini  e  donne  che  si  buttavano  giù  dal  centesimo  piano  e  verso  il

          trentesimo  piano  cominciavano  come  a  nuotare  in  cielo,  come  se  si
          fossero pentiti, e forse lo erano.
             Decine  di  migliaia  di  connessioni  attraversarono  la  sua  testa  e  il  suo
          corpo, avrebbe raccontato dopo. Quello che succedeva in quel momento a
          New  York  lei  lo  conosceva,  lo  sapeva.  Era  odio  nei  confronti

          dell’Occidente. Era sempre stato lì e ora si materializzava come un incubo
          sul presente e sul futuro.
             Per ogni minuto che passava e la parola scritta la riprendeva («Mai così

          veloce»  avrebbe  detto  più  tardi)  saliva  in  lei  anche  l’altro  sentimento,
          quello  che  era  lì  e  forse  non  era  ancora  apparso  così  chiaramente:  la
          Rabbia.
             Tutta la Rabbia che feriva in quel momento tutto il nostro mondo e che
          lei  sola,  incosciente,  intemerata  isolata,  è  riuscita  a  esprimere.  Perché

          l’aveva intuita, capita, respirata negli anni, dagli altri, i nostri nemici.
             Ancora oggi ci coinvolge o ci sconvolge quella Rabbia.
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