Page 219 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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modo di pensare, di mangiare, di vivere era italiano. Il suo carattere era
italiano. La sua cultura era italiana: non dimentichiamo che prima
d’essere un uomo politico era un uomo di lettere e che, se fosse rimasto in
Italia, sarebbe diventato un professore di università. In ne, non andò a
morire in Italia? Ci andò nel maggio del 1944. A quel tempo aveva
trentanove anni. Ci andò perché lo ossessionava il fatto che gli ebrei,
anche in Italia, non facessero nulla per difendersi. Voleva che reagissero,
che crepassero a testa alta: se dovevano crepare. Entrò nel gruppo che si
sarebbe fatto paracadutare dagli inglesi sull’Italia settentrionale e, dopo
un corso a Bari, fu paracadutato insieme al orentino Vincenzo Rosselli
del Turco. Dovevano paracadutarlo al Nord, invece lo buttarono sulla
Linea Gotica: tra Firenze e Bologna. Se ciò accadde di proposito o per un
errore tecnico, non lo sapremo mai. Mimmo sostiene che non fu un errore
tecnico, che gli inglesi volevano liberarsi di lui. Io non so. Io so solo che i
tedeschi lo acchiapparono subito. So che Rosselli del Turco si salvò e che
Enzo, invece, fu preso e portato a Verona dove rimase prigioniero di
guerra per molti mesi. Al momento della cattura, infatti, indossava
l’uniforme di capitano. Poi, da Verona, fu condotto a Bolzano e da qui a
Dachau dove si comportò molto bene. Dal 1945 al 1948 io sono stata in
Italia per organizzare l’emigrazione degli ebrei e ho fatto molte ricerche
tra i superstiti di Dachau. Ciascuno di loro m’ha raccontato cose splendide
su Enzo. Ne trovai uno che ora sta a Milano e fa l’ingegnere, Enrico
Piccaluga, semimorente in un letto, riusciva appena a parlare e con un
lo di voce mi disse: «Signora, sapesse di cos’eran capaci gli uomini pur di
mettersi in bocca un cucchiaio di minestra! Solo chi ha visto una cosa
simile può ammirare Enzo che, invece di mangiare la sua, la dava agli
altri!». Enzo fu fucilato a Dachau. Non siamo mai riusciti a scoprire
perché. Forse perché aveva tentato di organizzare una fuga.
Se mi sento ancora italiana? Che domanda di cile. Infatti sono ormai
un’israeliana e, specialmente quando sono in Israele, mi sento al cento
per cento israeliana. Però, quando sono in Italia, non mi sento a atto
straniera. Esser nata in Italia, esserci andata a scuola e poi all’università,
aver vissuto in una famiglia assimilata come la mia… Sono cose che non
si cancellano. Nessuno degli ebrei italiani emigrati qui ha rotto
completamente i legami con l’Italia, e l’italiano è la lingua che ancora
conosco meglio: come la maggior parte di loro. Ad esempio, se incontro
amici come la Bon glioli o la Bentovin, comincio col parlare ebraico e
nisco col parlare italiano. Penso in italiano, preferisco leggere e scrivere
in italiano. I miei gli no. La loro lingua è in ogni senso l’ebraico, in
Italia ci vanno come stranieri. E se da una parte mi fa piacere, dall’altra
mi duole. Perché… Ecco, perché il popolo italiano è tra i migliori del