Page 217 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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rivoltato contro gli ebrei. Ma su tal punto gli ebrei non gli credettero: nel
1937, quando tornò a Roma per tenere un discorso dinanzi alla comunità
ebraica e metterla in guardia, provocò uno scandalo. L’unico a credergli
era suo fratello Mimmo, quello che oggi è senatore comunista e
antisionista. Anche Mimmo, nel 1927, doveva venire in Herez Israel:
aveva studiato agronomia per entrare in un kibbutz. Però conobbe Reale
e Amendola, grazie a loro diventò comunista, e cambiò idea. Quando poi
fu arrestato, condannato a quindici anni di carcere con Manlio Rossi
Doris, e nì fuoruscito in Francia, le strade dei due fratelli si divisero
senza speranza, lo ricordo bene lo scambio di lettere tra Enzo e Mimmo,
le loro violente discussioni epistolari. Così sionista l’uno, così antisionista
l’altro… C’era anche un terzo fratello Sereni che doveva venire qui. Ma,
nel 1930, morì in un incidente e così, in Palestina, venne solo sua moglie.
Quella che si chiama Ada Sereni come me, ed è deputata al Parlamento.
La nostra partenza, nel 1927, non fu drammatica. L’unico problema ce
lo dette mia madre che non sopportava la nostra scelta: «Ma cosa ci
andate a fare laggiù?!?». E la mia nonna paterna, un tipetto interessante,
rispondeva: «Lasciali andare, non te la prendere! Fra qualche anno, con
quei due, la Palestina diventa come Frascati!». Avevo ventidue anni, a
quel tempo, e una glia neonata: io ed Enzo ci eravamo sposati l’anno
prima. Lasciammo la bambina alla madre di Enzo e partimmo da Napoli,
comodamente.
Ci fermammo anche al Cairo, per veder le Piramidi, poi passammo il
canale di Suez e da Cantara giungemmo a Tel Aviv carichi di bagagli.
Soprattutto libri di Enzo. A Tel Aviv avevamo già molti amici e attraverso
di loro conoscemmo subito Ben Gurion e Golda Meir, che a Enzo
piacquero tanto perché erano intelligentissimi e socialisti.
Golda apparteneva già alla leadership del paese. Aveva una gran mente
politica e un fascino travolgente, anche da un punto di vista sico. Io non
l’ho mai trovata brutta. A Tel Aviv, grazie a quegli amici, ottenemmo un
biglietto di presentazione per il presidente della Lega proprietari aranceti:
così ci andammo subito e, incontrando Enzo, costui restò sbalordito. «Ma
come?!? Un giovane brillante come lei, un laureato, vuol fare l’operaio in
un aranceto?». Ed Enzo: «Ma io sono un haluz, un pioniere!». Siamo
sinceri: alla base della nostra avventura c’era, sì, l’idea socialista e il
disprezzo per la borghesia da cui venivamo, ma c’era anche un certo
romanticismo. Un po’ quello che guidava i pionieri in America.
Lavorammo nell’aranceto no al giugno del 1929 e poi fondammo il
kibbutz di Ghivat Brenner. Lo fondammo comprando il terreno coi soldi
del Fondo internazionale ebraico. Un’area sassosa, malarica, vendutaci da
un latifondista ebraico al colmo della felicità: chi gli avrebbe dato tanto