Page 215 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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nella vita.
Però qui, per me, c’è un grande vantaggio: il mondo è piccolo. Tutto ha
dimensioni comprensibili, qui, e la libertà individuale è più forte. Non
avverto il senso di isolamento per cui, a Roma, mi disperdevo in un
numero infinito di problemi. E anche se la persona che abita accanto a me
balbetta appena l’ebraico, questa persona mi è molto più vicina
dell’italiano che parla la mia stessa lingua. Insomma, in questo piccolo
mondo non mi manca l’aria. A Roma, invece, mi mancava.
La gente mi chiede spesso se un tipo come me ha mai il sospetto di aver
portato via la terra a qualcuno. La domanda è legittima e rispondo subito
che tale problema, all’inizio, noi l’abbiamo sentito moltissimo. Molti, a
Ghivat Brenner, dicevano:
«Perché la Palestina e non l’Uganda?». I primi che vennero qui ci
vennero con molta ingenuità, senza tener conto della questione araba:
«Andiamo in un paese desertico, acquistiamo la terra ad alto prezzo, la
coltiviamo eccetera». Senza sospettare, cioè, di commettere un furto. Il
sospetto di rubare il paese a qualcuno si svegliò molto dopo, e fu Brenner
a sollevarlo: annunciando gli scontri sanguinosi di oggi. Fu Enzo Sereni a
raccoglierlo: scrivendo un libro dal titolo Arabi ed ebrei in Palestina. La
colpa del movimento sionista è stata quella di chiudere gli occhi al
problema, o rinviarlo ignorando il libro di Sereni. Sicché i tipi come me
avvertono, eccome, un disagio dinanzi agli arabi: quanto più si è
progressisti, tanto più il problema ci turba: quanto più si è a destra, tanto
più si sposano tesi grossolane sul tipo di quella che «noi-portiamo-la-
civiltà-eccetera». Argomento del cavolo. Anche Mussolini diceva di portare
la civiltà in Abissinia. Lo giuro: nessuno di noi appartenenti al movimento
operaio ha mai pensato di sloggiare gli arabi o di comportarsi verso di
loro con la violenza che gli americani dedicarono agli indiani. Noi
venivamo qui per risolvere il nostro problema, non per crearne un altro
uguale e contrario. Sia pure in buona fede, gli inglesi si comportarono da
imperialisti con la Dichiarazione di Balfour e noi sapevamo che essi non
avevano alcun diritto di stabilire il destino degli arabi e degli ebrei. Il
fatto è che la storia ebraica procede di catastrofe in catastrofe: il
problema ci scappò di mano. Io vedevo arrivare quelli che fuggivano alle
persecuzioni, russi tedeschi polacchi italiani, e pur avvertendo un
malessere dicevo: «Cosa possiamo farci?». La faccenda non è così semplice
come vogliono farla apparire gli arabi. Non dimentichiamo che la guerra
con loro ebbe inizio quando il Gran Mufti avviò lo sterminio degli arabi
per provocar la rivolta e cacciare gli ebrei. Solo gli irlandesi posson capire
cosa signi ca vivere nel terrorismo costante: passare da una strada
sapendo che qualcuno ti salterà addosso per ammazzarti. Quando si vive