Page 216 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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così per anni, si  nisce col metter da parte il disagio, si  nisce per non
          dire più: «Siamo stati tutti vittime di un sionismo utopistico».

             E  non  ti  importa  più  degli  arabi,  e  pensi  soltanto  che  gli  ebrei  del
          mondo  non  posson  ricorrere  a  soluzioni  diverse  dalla  soluzione  che  si
          chiama Israele.

             ADA SERENI

             Io ed Enzo fummo i primi italiani a venire qui: nel 1927

             Io  ed  Enzo  fummo  i  primi  a  venire  qui:  nel  1927,  come  pionieri.  Nel

          1925  era  giunta  la  famiglia  Spagnoletto,  è  vero,  ma  non  per  spirito
          sionistico. Spagnoletto era un commerciante ebreo, e un fascista lo aveva
          aggredito  con  la  rivoltella.  Nella  colluttazione  era  partito  un  colpo.  Il
          fascista  era  morto.  Sebbene  fosse  stato  assolto  per  legittima  difesa,
          Spagnoletto aveva ritenuto saggio scappare in Palestina con la moglie e i

          sette   gli.  In  quel  periodo,  dall’Italia,  gli  ebrei  non  se  ne  andavano.
          Ritenevano  che  il  problema  ebraico  si  fosse  concluso  nel  1870,  con  la
          presa di Roma, quando tutti gli ebrei erano diventati cittadini italiani. Si

          ri utavano per no di aiutare gli ebrei russi e polacchi che passavano da
          Trieste  per  entrare  a  Haifa:  non  avvertivano  il  bisogno  di  crearsi  una
          patria  qui.  Il  primo  a  parlarne  fu  Enzo,  quando  aveva  diciassette  anni.
          Enzo  era  un  ragazzo  così  precoce.  Rileggendo  i  suoi  scritti  di  allora,
          dall’alto dei miei sessantasette anni, io non credo ai miei occhi. Del resto,

          venni qui per seguire lui.
             Appartenevo  a  una  famiglia  del  tutto  assimilata:  gli  Ascarelli.  Non
          possedevo  alcuna  ideologia,  ero  semplicemente  sedotta  da  Enzo.  Lo  ero

          sempre  stata.  Essendo  lontani  parenti,  eravamo  cresciuti  insieme:
          frequentando la stessa scuola elementare, lo stesso liceo. Fin da bambina
          avevo ammirato la sua intelligenza, la sua esuberanza. Enzo era un tipo
          che divorava biblioteche intere e parlava non so quante lingue. L’ebraico
          s’era messo a studiarlo per capire le preghiere al tempio. La sua famiglia

          era molto religiosa, suo nonno era rabbino di Roma.
             Imparare l’ebraico signi ca imparare la storia del popolo ebraico. E la
          storia  del  popolo  ebraico  lo  a ascinò.  Prese  a  frequentare  gli  studenti

          palestinesi di Roma, quel legame linguistico e umano lo portò presto al
          bivio: restare in Italia o attuare l’ideale sionista? Nel 1924, al Congresso
          sionista di Livorno, Enzo prese una posizione precisa:
             «Bisogna  andare  in  Herez  Israel,  la  Terra  di  Israele.  Un  ebreo  nella
          diaspora deve sempre spiegare chi è e perché è. Un ebreo in Herez Israel è

          un  ebreo  e  basta».  Certo,  a  muoverlo  in  quella  direzione  fu  anche  il
          fascismo: la certezza cioè che, a un certo momento, il fascismo si sarebbe
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