Page 202 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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abituati  e  che  di  colpo  abbiamo  perduto.  Andiamo  spesso  in  Italia,  per
          ritrovarla. Amiamo tanto Israele ma ogni tanto abbiamo bisogno di fare

          quel tuffo nella bellezza, per darci una rinfrescata.
             Cosa penso dell’Italia d’oggi? Oddio! È talmente migliorata l’Italia. Io
          ho  lasciato  un’Italia  fascista,  un’Italia  dove  ci  si  poteva  arrabbiare  solo
          per le partite di calcio perché non ci era permesso di parlare d’altro, e ho
          ritrovato un’Italia piena di polemica, di libertà, di vita! Io non li capisco i

          giovani  italiani  d’oggi  perché  sono  ingrati,  ignoranti.  Non  vogliono
          riconoscere l’enorme progresso che l’Italia ha fatto negli ultimi trent’anni
          e recitano le loro contestazioni fasulle, i loro tormenti insinceri.

             Perché non studiano invece la storia del loro paese, perché non cercano
          di  sapere  cos’era  l’Italia  del  periodo  fascista,  quando  eravamo  giovani
          noi? La nostra paura di parlare, la nostra paura di pensare… E non c’è
          solo la libertà di pensiero, oggi, in Italia. C’è il progresso economico, il
          benessere  materiale.  Io  sono  tornato  ogni  volta  alla  distanza  di  tre  o

          quattro anni e, ogni volta, non credevo ai miei occhi. Bastava prendere il
          treno  che  va  da  Roma  a  Torino  e  guardare  la  campagna.  Prima  non
          vedevi  che  buoi,  ora  non  vedi  che  trattori.  Stupidi,  i  vostri  ragazzi.

          Stupidi! Senta, i  gli dei miei cugini sono maoisti. E quando parlano di
          libertà escono sempre con quelle frasi fatte: «La-libertà-è-quella-del-ricco-
          che-può-fare-ciò-che-vuole».  Balle!  Anzitutto  la  libertà  è  poter  parlare,
          litigare,  maledire.  Poi  non  è  vero  che  i  poveri,  oggi,  in  Italia  sono  così
          poveri. È vero, invece, che chi dice così è in malafede. O pazzo.

             Uno  di  questi  miei  parenti  maoisti  lavora  all’Euratom  ed  è
          intelligentissimo. Ma è un intelligentissimo pazzo, o un intelligentissimo
          scemo. Non saprei in quale altro modo de nire qualcuno che non capisce

          il progresso o la libertà. Mah! Sarà perché non ha mai conosciuto la non-
          libertà:  non  si  apprezza  mai  ciò  che  si  possiede  o  si  possiede  in
          abbondanza.  Inoltre  sono  tutti   lo-arabi,  questi  maoisti.  Padronissimi
          d’esserlo, certo.
             Ma,  quando  discuto  con  loro,  ho  sempre  l’impressione  che  parlino  di

          cose  che  non  conoscono.  O  per  fanatismo.  Il  cugino  intelligente  l’ho
          invitato  in  Israele:  «Vieni,  guarda,  e  poi  giudica»  gli  ho  detto.  Mi  ha
          risposto: «Io in Israele non ci vengo».

             Perché? Ha forse paura di cambiare idea, di convincersi che non siamo
          poi  così  per di?  Lui  tira  sempre  fuori  gli  argomenti  della  propaganda
          araba e, quando gli dico che alla base di quei ragionamenti vi sono cose
          giuste e ingiuste, non mi ascolta. Diresti che ha paura di pensare  no in
          fondo:  si  ritira  nel  dogma.  Si  ritirano  tutti  nel  dogma.  Ma  in  malafede.

          Perché sono colti, molto più colti di quanto lo fossimo noi. Infatti loro non
          possono  dire,  come  dicevamo  noi,  «non-sappiamo-nulla-perché-siamo-
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