Page 201 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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paesi non avevano certi problemi. Non si accorgevano nemmeno di
mangiar male, non gli importava nemmeno di mangiare alla tavola
comune. Noi italiani invece… Lo sa che molti, per questo, lasciarono il
kibbutz? Provocando le critiche degli ebrei giunti dagli altri paesi, noi
eravamo riusciti a comprare una baracca riservata agli italiani: ma ad
alcuni questo non bastò e se ne andaron via. Il kibbutz è duro, duro. Io
capisco mio glio che a venticinque anni ha fatto fagotto ed è andato a
Gerusalemme.
Ma sì, parliamone pure di questo fatto di sentirci italiani o ancora
italiani. È un argomento che non amo, su cui ri uto sempre di
pronunciarmi, ma… Ecco, io, quando mi chiedono se mi sento italiano o
ancora italiano, non so cosa rispondere. Nel 1938, più che un italiano, mi
sentivo un pesce fuor d’acqua: non appartenevo più all’Italia e non
appartenevo ancora a Israele. Dopo… Dopo non so. Quando l’Italia entrò
in guerra ad esempio. Nel 1940. Provai tante cose. Una delusione
aggiunta, una vergogna, un dolore per quel povero paese che aveva fatto
tanti sforzi per raggiungere il livello delle altre nazioni e ora precipitava
nel baratro di un’altra guerra. Molti ebrei italiani, qui, risero della
scon tta subita dagli italiani in Cirenaica. Io no. Io avvertii come una
rabbia perché sapevo che gli italiani, se vogliono, sanno battersi bene: gli
italiani son sempre stati un popolo così calunniato. E poi… Poi i
bombardamenti. Le notizie ci arrivavan ltrate, attraverso la radio del
kibbutz che trasmetteva in ebraico: lingua che non conoscevamo bene.
Cercavamo di captare ogni aggettivo, ogni virgola, e sarebbe disonesto
dire che reagivamo ai bombardamenti di Torino come ai bombardamenti
di Londra. A Torino c’eran le nostre famiglie e… No: i ponti non si
rompono da un giorno all’altro. Il 25 luglio fu uno dei più bei giorni della
nostra vita. L’8 settembre fu uno dei più tristi. Eravamo pieni di stizza
verso gli alleati che avanzavano così lentamente, ci rallegravano solo le
notizie degli scioperi. Dio, era così importante, per me, la parola
sciopero! Mi esaltava sapere che esisteva una Resistenza, che gli italiani si
battevano nalmente contro i tedeschi e i fascisti. Ne gioivo, mi sentivo
riabilitato agli occhi degli ebrei russi, polacchi, e… Cosa signi ca questo?
Che ero ancora italiano? Forse.
Anche oggi, del resto. Non sono a atto sradicato dall’Italia. Non si può,
e mi sembra strano che altri le dicano il contrario. Parlo ancora torinese,
io. Per no quando mi esprimo in ebraico ho l’accento torinese! M’è
sempre mancata Torino. Mi son sempre mancate le Alpi. Sì, a
Gerusalemme ci sono le colline, i cipressi, gli ulivi. Ma non sono le
colline, i cipressi, gli ulivi d’Italia. Tutti le parleranno di cultura italiana
eccetera: non si tratta solo di cultura. Si tratta della bellezza cui eravamo