Page 77 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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interessa più. Ecco un’ennesima realtà che hai perso l’occasione

        di scoprire nascendo: uno Si consuma per ottenere una ricchez-
        za o un amore o una libertà, si affatica per conquistare un suo

        diritto, e, quando lo conquista, non ne gioisce. O lo sciupa o lo

        ignora, magari pensando che gli piacerebbe tornare indietro, ri-
        cominciare daccapo con le battaglie e i tormenti. Aver realizzato

        il suo sogno lo fa sentire perduto.
           Benedetto colui che può dirsi: “Io voglio camminare, non voglio

        arrivare”. Maledetto colui che si impone: “Voglio arrivare fin là”.

        Arrivare è morire, durante il cammino puoi concederti soltanto
        fermate. Se almeno riuscissi a convincermi che tu sei stato una

        fermata e basta, che una morte non ferma la vita, che la vita non

        aveva bisogno di te, che questo dolore è servito a qualcosa e a
        qualcuno. Ma a chi serve un bambino che muore e una mamma

        che rinuncia ad essere mamma? Ai moralisti, ai giuristi, ai teo-

        logi, ai riformatori? In tal caso c’è da domandarsi chi sfrutterà
        questa storia e quale sarà il verdetto del loro tribunale. Merito la

        solidarietà dei più o il vituperio? Ho reso un servigio ai moralisti
        o ai giuristi, ai teologi o ai riformatori? Ho peccato istigandoti al

        suicidio e uccidendoti, oppure ho peccato attribuendoti un’ani-

        ma che non possedevi? Senti come discutono, come gridano: ha
        offeso Dio, no, ha offeso le donne; ha dileggiato un problema, no,

        vi ha contribuito; ha capito che la vita è sacra, no, ha capito che
        la vita è una beffa. Quasi che il dilemma di esistere o non esiste-

        re si potesse risolvere con una sentenza o un’altra, una legge o

        un’altra, e non toccasse ad ogni creatura risolverlo da sé e per
        sé. Quasi che intuire una verità non aprisse interrogativi su una

        verità opposta, ed entrambe non fossero valide. Qual è il fine dei

        loro processi, dei loro litigi? Stabilire ciò che è lecito e ciò che
        non lo è? Decidere dove sta la giustizia? Avevi ragione, bambino:

        stava in tutti. Anche la coscienza è fatta di molte coscienze: io

        sono quel medico e quella dottoressa, la mia amica e il com-
        mendatore, mia madre e mio padre, tuo padre e te. Io sono ciò

        che ciascuno di voi mi ha detto. E vallate di tristezza si stendono
        dinanzi a me, invano fiorite d’orgoglio.

           Tuo padre mi ha scritto di nuovo. Stavolta è una lettera che mi




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