Page 80 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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me stessa che il dolore non è il sale della vita. Il sale della vita è
la felicità, e la felicità esiste: consiste nel darle la caccia. Infine
devo ancora chiarire il mistero che chiamano amore. Non quello
che si divora in un letto, toccandoci.
Quello che mi accingevo a conoscer con te. Mi manchi, bam-
bino. Mi manchi quanto mi mancherebbe un braccio, un occhio,
la voce: e tuttavia mi manchi meno di ieri, meno di stamani. E
strano. Si direbbe che di ora in ora il tormento si affievolisca per
chiudersi in una parentesi. I
lupi hanno già incominciato a chiamarmi e non importa se sono
ancora lontani: appena si avvicineranno, me ne rendo conto, io li
seguirò. Davvero ho sofferto così profondamente ed a lungo? Me
lo chiedo con incredulità.
Una volta lessi in un libro che la durezza di una pena soppor-
tata si avverte soltanto quando ce ne siamo liberati e, stupefatti,
si esclama: come ho fatto a tollerare un simile inferno? Dev’esser
davvero così, e la vita è straordinaria.
Rimargina le ferite a una velocità folle. Se non restassero le ci-
catrici, non ci ricorderemmo nemmeno che di lì sgorgò il sangue.
Del resto perfino le cicatrici svaniscono.
Impallidiscono e infine svaniscono. Succederà anche a me. Suc-
cederà? Devo riuscirci. Perché lo pretendo, lo esigo.
Infatti ora stacco il tuo ritratto dal muro, la smetto di farmi im-
pressionare dai tuoi occhi spalancati. E nascondo le altre foto-
grafie, anzi le strappo. E fo a pezzi questa culla che mi son portata
dietro come una bara, la scaravento nell’inceneritore. E nascon-
do il tuo guardaroba per regalarlo a qualcuno, anzi lo straccio. E
prendo l’appuntamento col medico, gli dico che sono d’accordo,
uno di questi giorni bisogna strapparti via. E magari chiamo tuo
padre o non importa chi, e vado a letto con lui stasera: ne ho ab-
bastanza della castità. Tu sei morto ma io sono viva.
Così viva che non mi pento, e non accetto processi, non accetto
verdetti, neanche il tuo perdono. I lupi sono qui, vicino, ed io ho
la forza di partorirti ancora cento volte senza implorare soccorso
né da Dio né da nessuno... Dio, che male! Mi sento male, ad un
tratto. Cos’è? Di nuovo le coltellate. Si allungano fino al cervello
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