Page 83 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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poggiarti sulla palma di una mano ed è tutto. Purché un colpo di

        vento non ti rubi. Ecco una cosa che non capisco: può rubarti un
        colpo di vento e tuttavia pesi tanto, barcollo. Dammi la mano, ti

        prego, così. Bravo. Ecco, ora sei tu che mi conduci, mi guidi. Ma

        allora non sei un uovo, non sei un pesciolino: sei un bambino!
        Mi arrivi già al ginocchio. No, al cuore. No, alla spalla. No, al di

        sopra della spalla. non sei un bambino, sei un uomo! Un uomo
        con dita forti e gentili. Ne ho bisogno ormai: sono vecchia. Non

        riesco nemmeno a scendere i gradini se non mi sorreggi. Ricordi

        quando andavamo su e giù per questa scala, attenti a non ca-
        dere, stretti l’uno all’altra in un abbraccio di complicità? Ricordi

        quando ti insegnavo ad andarci da solo, camminavi da poco, e

        contavamo i gradini ridendo? Ricordi come imparavi aggrappan-
        doti ad ogni sporgenza, ansimando, mentre io ti seguivo con le

        mani tese? E il giorno in cui ci litigammo perché non ascoltavi le

        mie raccomandazioni?
           Dopo mi dispiacque. Volevo chiederti scusa ma non mi riusciva.

        Ti cercavo di sotto le ciglia e anche tu mi cercavi di sotto le ciglia
        finché ti fiorì sulle labbra un sorriso e compresi che avevi com-

        preso. Poi cosa accadde?

           Il mio pensiero si appanna, le mie palpebre sembrano piombo.
        E il sonno o la fine? Non devo cedere al sonno, alla fine. Aiutami

        a restare sveglia, rispondimi: fu difficile usare le ali? Ti spararo-
        no in molti? Gli sparasti a tua volta? Ti oppressero nel formicaio?

        Cedesti alle delusioni e alle rabbie oppure rimanesti dritto come

        un albero forte? Scopristi se c’è la felicità, la libertà, la bontà, L’a-
        more? Spero che i miei consigli ti siano serviti. Spero che tu non

        abbia mai urlato l’atroce bestemmia “perché sono nato?”. Spero

        che tu abbia concluso che ne valeva la pena: a costo di soffrire,
        a costo di morire. Sono così orgogliosa d’averti tirato fuori dal

        nulla a costo di soffrire, a costo di morire. Fa davvero freddo e il

        soffitto bianco ora è proprio nero. Ma siamo arrivati, ecco la ma-
        gnolia. Cogli un fiore. Io non ci sono mai riuscita, tu ci riuscirai.

        Alzati sulla punta dei piedi, allunga un braccio. Così. Dove sei? Eri
        qui, mi sorreggevi, eri grande, eri un uomo. E ora non ci sei più.

        C’è solo un bicchiere di alcool dentro cui galleggia qualcosa che




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