Page 66 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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era più un moltiplicarsi di cellule ma un vero bambino.

           Le annunciai che lo avrebbe ucciso. Mi oppose la sua durezza
        spietata, firmò un foglio col quale si assumeva ogni responsabi-

        lità. Partì. Lo uccise. D’accordo: se fossimo dinanzi a un tribuna-

        le di leggi scritte, mi sarebbe arduo sostenerne la colpevolezza.
        Non vi furono sonde né farmaci né interventi chirurgici: secondo

        le leggi scritte, questa donna dovrebbe andarsene assolta per-
        ché il fatto non esiste. Ma noi siamo una giuria della vita, signori,

        e in nome della vita io vi dico che il suo comportamento fu peg-

        gio delle sonde e dei farmaci e degli interventi chirurgici. Perché
        fu ipocrita, vile, e senza rischi legali.




           «Darei molto per riconoscerle le circostanze attenuanti, assol-
        verla in parte. Ma non vedo dove, non vedo come. Era povera

        forse, affogava in ristrettezze economiche tali da non poter man-

        tenere suo figlio? Assolutamente no. Lo riconosce lei stessa. Do-
        veva difendere il suo onore in quanto apparteneva a una società

        che l’avrebbe perseguitata se metteva al mondo un illegittimo?
        Neppure.

           Appartiene a un establishment culturale che anziché respin-

        gerla avrebbe fatto di lei un’eroina, e comunque non crede alle
        regole della società. Rifiuta Dio, la patria, la famiglia, il matrimo-

        nio, gli stessi principii del vivere insieme. Il suo delitto non ha
        attenuanti perché lo commise in nome di una libertà: la libertà

        personale, egoista, che non tiene conto degli altri e dei loro dirit-

        ti. Ho pronunciato la parola diritti. L’ho fatto per prevenirvi sul-
        la parola eutanasia. L’ho fatto anche perché non mi rispondiate

        che lasciando morire quel figlio essa esercitò un suo diritto: ri-

        sparmiare alla comunità il fardello di un individuo malato e cioè
        sbagliato. Non spetta a noi stabilire a priori chi sarà sbagliato

        e chi no, se sarà sbagliato o no. Omero era cieco e Leopardi era

        gobbo. Se gli spartani li avessero gettati dalla rupe Tarpea, se le
        loro madri si fossero stancate di portarli in seno, oggi l’umanità

        sarebbe più povera: escludo che un campione olimpionico val-
        ga più di un poeta storpio. Quanto al sacrificio di custodire nel

        ventre il feto di un campione olimpionico o di un poeta storpio,




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