Page 64 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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i quozienti che costituiscono un individuo, dal suo sangue alla
sua mente, sono concentrati in quella cellula. Essi rappresenta-
no molto di più che un progetto o una promessa: se potessimo
esaminarli con un microscopio capace di vedere al di là del visi-
bile, ci butteremmo in ginocchio e crederemmo tutti a Dio. Già in
tale fase, dunque, e per quanto ciò possa apparire paradossale,
io mi sento autorizzato a usare la parola assassinio. Ed aggiungo:
se l’umanità dipendesse dal volume, L’assassinio dalla quantità,
dovremmo dedurne che uccidere un uomo di cento chili è più
grave che ucciderne uno di cinquanta.
La collega che mi sta a fianco non sorrida. Sulle sue tesi io
risparmio giudizi ma sul suo modo di esercitare la professione
medica non risparmio commenti: in quella gabbia dovrebbero
starci due donne, non una. «Poi ha guardato la dottoressa con
sprezzante severità. Lei ha sostenuto lo sguardo tranquilla, fu-
mando, e ciò mi ha consolato come un tepore. Ma subito il vento
di ghiaccio ha ripreso.
«Tuttavia non siamo qui per giudicare la morte di una cellula.
Siamo qui per giudicare la morte di un bambino che aveva rag-
giunto almeno i tre mesi della sua esistenza prenatale. Chi ne
provocò la morte? Circostanze a noi ignote ma naturali, qualcuno
che è sfuggito alla cattura, o la donna che vedete in gabbia? Io vi
posso fornire le prove che mi permettono di affermare: a provo-
carne la morte fu la donna che vedete in gabbia. Non a caso io la
sospettai fin dal primo incontro. L’esperienza mi fa riconoscere
un’infanticida anche dietro una maschera, ed era una maschera
che lei portava sul volto dicendo di volere il bambino. Era una
menzogna offerta a se stessa prima che agli altri. Mi colpì, ad
esempio, la sua durezza ferrigna. Il giorno in cui mi congratulai
con lei perché l’esame era stato positivo, rispose secca che lo sa-
peva già. Mi colpì anche l’ostilità con cui reagì alL’ordine di met-
tersi a letto non appena fu colta da spasmi dovuti a contrazioni
uterine. Non poteva permettersi simili lussi, replicò, e quindici
giorni era il limite massimo cui si sarebbe piegata. Dovetti insi-
stere, adirarmi, mortificarmi in raccomandazioni. E ciò mi con-
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