Page 63 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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accanto alla mia amica stava tuo padre. Accanto alla dottoressa

        stavano i miei genitori. Nessun altro. E nessun oggetto intorno o
        alle pareti o per terra. Ma ho capito subito che si stava celebran-

        do un processo dove ero io l’accusata, e che essi costituivano la

        giuria. Non ho provato panico, né smarrimento.
           Con infinita rassegnazione mi son messa a studiarli, uno a uno.

        Tuo padre singhiozzava piano, coprendosi il viso come il giorno
        in cui s’era seduto sul letto. I miei genitori tenevano il capo chi-

        no, quasi fossero oppressi da una mortale stanchezza o da un

        mortale dolore.
           La mia amica sembrava triste, gli altri tre impenetrabili.

           S’è alzato il medico e ha incominciato a leggere un foglio:

           «Presente l’imputata, questa giuria si riunisce per giudicarla
        del reato di omicidio premeditato per aver voluto e provocato la

        morte di suo figlio mediante incuria, egoismo, mancanza del più

        elementare rispetto verso il suo diritto alla vita «. Poi ha posato
        il foglio, ha spiegato in che modo si sarebbe svolto il proces-

        so. Ciascuno avrebbe parlato come testimone e giudice, quindi
        avrebbe dato ad alta voce il suo voto: colpevole o non colpevole.

           La maggioranza dei voti avrebbe determinato il verdetto e dopo

        quello, in caso di condanna, si sarebbe scelta la pena.
           Ecco, incominciava. Toccava a lui prendere la parola. La prima

        frase s’è levata come un vento di ghiaccio.



           «Un figlio non è un dente cariato. Non lo si può estirpare come

        un dente e buttarlo nella pattumiera, tra il cotone sporco e le
        garze. Un figlio è una persona, e la vita di una persona è un conti-

        nuum dall’attimo in cui viene concepita al momento in cui muo-

        re. Alcuni di voi contesteranno il concetto stesso del continuum.
        Ripeteranno che nell’attimo in cui si è concepiti, non esistiamo

        come persona. Esistiamo solo come cellula che si moltiplica e che

        non rappresenta la vita. O non più di quanto la rappresenti un
        albero che non è delitto tagliare, un moscerino che non è delitto

        schiacciare. Da scienziato rispondo subito che un albero non di-
        venta un uomo, e nemmeno un moscerino. Tutti gli elementi che

        compongono un uomo, dal suo corpo alla sua personalità, tutti




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