Page 55 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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uomo; però devo essere assolto perché sono un uomo.

           Un atavico istinto, suppongo, lo induce ormai a desiderarti. Ve-
        dremo cosa fare di lui: a volte un mobile di cui non si ha bisogno

        finisce col dimostrarsi utile ed è certo che non ho più voglia di

        essergli nemica. In questo armistizio col formicaio c’entrano tut-
        ti: lui, i medici, il commendatore.

           Se tu avessi visto il commendatore mentre gli annunciavo la
        nostra partenza. Ripeteva: «Ecco una buona notizia. Brava, non

        se ne pentirà! «.



           Non me ne pentirò. ~ solo rispettando se stessi che si può esi-

        gere il rispetto degli altri, è solo credendo in se stessi che si può

        essere creduti dagli altri. Buonanotte, bambino. Domani inco-
        mincia il viaggio in automobile.

           Vorrei scriverti una poesia che narrasse il mio sollievo, la fi-

        ducia ritrovata, questa voglia di tendere nastri di fiori sui tetti,
        Sui campanili, sulle nuvole, questa sensazione di volare come un

        gabbiano dentro l’azzurro, lontano dalle sporcizie, dalle malin-
        conie, su un mare che dall’alto sembra sempre pulito. In fondo il

        coraggio è ottimismo. Io non ero ottimista perché non ero corag-

        giosa.



           Le strade di questo paese sono comode e lisce, le automobi-
        li di questo paese sono ben molleggiate: dottoressa, anche lei

        mente. Ed io non sono un gabbiano. Cosa faccio, bambino? Vado

        avanti, torno indietro? Se torno indietro è peggio: devo rifare lo
        stesso tratto impossibile. Se vado avanti, invece, ho speranza che

        migliori. Avendo il coraggio della retorica, potrei dire che sto gui-

        dando lungo una strada uguale alla mia vita: tutta buche e sassi,
        difficoltà.

           Una volta conobbi uno scrittore che sosteneva: ciascuno ha la

        vita che si merita. Come sostenere che un povero merita d’essere
        povero, che un cieco merita d’essere cieco. Era un uomo stupido,

        sebbene fosse uno scrittore intelligente. Anche il filo che divide
        l’intelligenza dalla stupidaggine è un filo talmente sottile, te ne

        accorgerai.




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