Page 50 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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so e parlo e rido e piango e agisco in un mondo che agisce per

        costruire cose ed idee. Tu non sei che un bambolottino di carne
        che non pensa, non parla, non ride, non piange, e agisce solo per

        costruire se stesso. Ciò che vedo in te non sei te: sono io! Ti ho

        attribuito una coscienza, ho dialogato con te, ma la tua coscienza
        era la mia coscienza e il nostro dialogo era un monologo: il mio!

        Basta con questa commedia, con questo delirio. Non si è umani
        per diritto naturale, prima di nascere. Umani lo si diventa dopo,

        quando si è nati, perché si sta con gli altri, perché ci aiutano gli

        altri, perché una madre o una donna o un uomo o non importa
        chi ci insegna a mangiare, a camminare, a parlare, a pensare, a

        comportarsi da umani. L’unica cosa che ci unisce, mio caro, è un

        cordone ombelicale. E non siamo una coppia. Siamo un persecu-
        tore e un perseguitato. Tu al posto del persecutore e io al posto

        del perseguitato. Ti insinuasti in me come un ladro, e mi rapina-

        sti il ventre, il sangue, il respiro.
           Ora vorresti rapinarmi l’esistenza intera. Non te lo permetterò.

           E giacché sono arrivata a dirti queste verità sacrosante, sai
        cosa concludo? Non vedo perché dovrei avere un bambino. Non

        mi sono mai trovata a mio agio, io, coi bambini. Non sono mai

        riuscita a trattare con loro. Quando mi avvicino con un sorriso,
        strillano come se li ~picchiassi. Il mestiere di mamma non mi si

        addice.
           Io ho altri doveri verso la vita. Ho un lavoro che mi piace e in-

        tendo farlo. Ho un futuro che mi aspetta e non intendo abban-

        donarlo. Chi assolve una donna povera che non vuole altri figli,
        chi assolve una ragazza violentata che non vuole quel figlio, deve

        assolvere anche me.

           Essere povere, essere violentate, non costituisce la sola giusti-
        ficazione.

           Lascio questo ospedale e parto per il mio viaggio.

           Poi sarà quel che sarà. Se riuscirai a nascere, nascerai.
           Se non ci riuscirai, morirai. Io non ti ammazzo, sia chiaro: sem-

        plicemente, mi rifiuto di aiutarti ad esercitar fino in fondo la tua
        tirannia e...

           Questo non era il nostro patto, me ne rendo conto. Ma un patto




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