Page 47 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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durmi allo stato di un vegetale o di una macchina fisiologica che

        serve a procreare e basta! Quanto sei esigente, bambino. Prima
        pretendi di controllare il mio corpo e privarlo del suo più ele-

        mentare diritto: muoversi.

           Dopo pretendi addirittura di controllare la mia mente e il mio
        cuore: atrofizzandoli, neutralizzandoli, derubandoli della loro ca-

        pacità di sentire, pensare, vivere! Accusi perfino il mio inconscio.
        Questo è eccessivo, è inaccettabile. Se vogliamo restare insieme,

        bambino, dobbiamo scendere a patti. Eccoli. Ti faccio una con-

        cessione: ingrasso, ti regalo il mio corpo. Ma la mia mente no. Le
        mie reazioni no. Me le tengo. E con quelle pretendo una mancia:

        i miei piaceri spiccioli. Infatti ora bevo un abbondantissimo whi-

        sky, e fumo un pacchetto di sigarette, una dopo l’altra, e ripren-
        do a lavorare, ad esistere come persona e non come barattolo, e

        piango, piango, piango: senza chiederti se ti fa male. Perché sono

        stufa di te!



           * * *



           Perdonami. Dovevo essere ubriaca, impazzita. Guarda quante

        cicche, e guarda questo fazzoletto. E ancora bagnato. Che crisi di
        furore imbecille, che scena disgustosa.

           Egoista. Come stai, bambino? Meglio di me, spero.
           Io sono esausta. Sono così stanca che vorrei resistere altri sei

        mesi, il tempo di portarti alla luce, e poi morire.

           Tu prenderesti il mio posto nel mondo e io mi riposerei.
           Non sarebbe neanche troppo presto: mi sembra d’avere ormai

        visto tutto ciò che v’era da vedere, d’avere ormai capito tutto ciò

        che v’era da capire. E comunque, una volta uscito dal mio corpo,
        non avrai più bisogno di me.

           Qualsiasi donna capace di amarti sarà un’ottima madre per te:

        la voce del sangue non esiste, è un’invenzione. La mamma non
        è colei che ti porta nel ventre, è colei che ti cresce. O colui che ti

        cresce. Potrei regalarti a tuo padre.
           Tuo padre è tornato poco fa e mi ha portato una rosa blu.

           Ha detto che il blu è il colore del maschio. Ora pensa anche




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