Page 45 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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specie di vergogna.
E ora mi sembra d’aver mancato a un impegno, d’averti tradito.
Speriamo che non torni mai più.
Camminare per strada dopo tanti giorni in un letto!
Sentire il vento sul viso, il sole sugli occhi, vedere altra gente
che va, assistere alla vita! Se lo studio del medico non fosse stato
lontano, ci sarei andata a piedi: cantando.
Ho fermato quel taxi a malincuore. L’autista era un bruto. Fuma-
va un sigaro grasso che mi nauseava, guidava bombardandomi di
frenate brusche ed inutili. Dopo pochi metri ho sentito uno spa-
smo e l’allegria è annegata nel solito nervosismo. Nello studio
del medico c’era una fila di donne con la pancia gonfia. Quando
la segretaria mi ha pregato di attendere, mi sono irritata.
Non mi piaceva allinearmi con le donne dalla pancia gonfia:
non avevo nulla in comune con loro. Nemmeno la pancia. La mia
è scarsa, si vede e no. Finalmente sono entrata, mi sono spoglia-
ta, mi sono distesa sul lettuccio.
Il medico ti ha tormentato col dito, pigiando, frugando, poi s’è
tolto il guanto di gomma e con voce di gelo mi ha chiesto: «Ma
lei vuole davvero questo figlio?». Non credevo ai miei orecchi.
«Naturalmente. Perché?» gli ho risposto. «Perché molte dicono
di volerlo e poi, nel subcosciente, non lo vogliono affatto. Senza
realizzarlo magari, fanno di tutto perché non nasca.» Mi sono in-
dignata.
Non ero lì per subire processi alla mia buonafede e nemme-
no per discutere di psicanalisi, ho detto, ero lì per sapere come
stavi tu. Ha cambiato tono, si è spiegato con garbo. V’erano cose
che non capiva in questa gravidanza. Riteneva che l’uovo fosse
inserito bene, in sede normale. Riteneva che la crescita del feto
avvenisse bene, in modo regolare. E tuttavia qualcosa non fun-
zionava.
Ad esempio l’utero era troppo sensibile, si contraeva con ec-
cessiva facilità: ciò alimentava il sospetto che il sangue non af-
fluisse perfettamente alla placenta.
Ero stata immobile come mi aveva ordinato? Ho risposto sì.
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