Page 40 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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Voglio solo dividere con te la mia responsabilità, e chiarire a

        te stesso la tua. Hai ancora tempo per pensarci, bambino, anzi
        ripensarci. Per quel che mi riguarda e sia pure attraverso le alte

        maree, le basse maree, sono pronta.

           Ma tu? ti ho già chiesto se sei disposto a veder scaraventare
        una donna su una magnolia, a veder piovere la cioccolata su chi

        non ne ha bisogno. Ora ti chiedo se sei disposto a correre il ri-
        schio di lavare le mutande degli altri e SCOPRIRE che il domani è

        un ieri. Tu che te ne stai dove ogni ieri è domani, e ogni domani

        è una conquista. Tu che non conosci ancora la peggiore delle re-
        altà: il mondo cambia e resta come prima.




           Dieci settimane. Stai crescendo con rapidità impressionante.
           Quindici giorni fa misuravi meno di tre centimetri e pesavi ap-

        pena quattro grammi. Ora misuri sei centimetri e pesi otto gram-

        mi. Ci sei tutto. Dell’antico pesciolino è rimasto solo il fatto che
        inali ed esali acqua attraverso i polmoni. Il tuo scheletro di uma-

        no è formato, con le ossa che rimpiazzano le cartilagini. Le tue
        costole stanno incollandosi l’una con l’altra alle estremità quasi

        che il tuo corpo si abbottonasse davanti come un cappotto.

           E il tuo uovo, pur lievitando, diventa sempre più angusto.
           Presto lo troverai scomodo. Ti agiterai, ti stirerai, le tue braccia

        e le tue gambe faranno i primi movimenti.
           Un colpo di gomito qui, un colpo di ginocchio là. E questo che

        aspetto. Il primo colpo sarà un segno, un assenso.

           Io feci così, ricordi, per dire a mia madre di non bere più la me-
        dicina. E allora lei buttò via la medicina. Certo è un’attesa inver-

        samente proporzionale al tuo crescere: tanto più lenta quanto

        più quello è veloce: mi ricorda l’esercito amico che non giungeva
        mai. La colpa è dell’immobilità.

           Due settimane immobili, a letto, son troppe.

           Come fanno le donne che ci stanno anche sette, otto mesi?
        Sono donne o larve? L’unico punto su cui mi trovo d’accordo è

        che fa bene. Scomparsi gli spasmi, le coltellate giù in fondo al
        ventre. Svanita la nausea, e la gamba non è più gonfia. Però è

        subentrata una specie di spossatezza, un’ansia che assomiglia




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