Page 39 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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dopo, di nascosto a suo padre, essa ci ripensò e chiese di lavare

        i panni.
           Giunsero due sacchi. Uno conteneva roba sporca e uno il cibo.

        Quello del cibo fu subito aperto e vuotato di tre scatolette di fa-

        gioli col sugo, due pani a cassetta, un vasetto di noccioline, un
        barattolo intero di gelato alla fragola.

           Quello della roba sporca fu aperto più tardi. E
           quando la ragazzina lo rovesciò nel lavatoio, arrossì di rabbia.

        Erano tutte mutande sporche.



           Fu lavando le mutande sporche degli altri che me ne resi conto:

        il nostro domani non era giunto, e forse non sarebbe mai giunto.

        Avrebbero sempre continuato a imbrogliarci con le promesse: in
        un rosario di delusioni alleggerite da falsi sollievi, miserandi re-

        gali, pietose comodità per tenerci quieti. Giungerà mai per te il

        mio domani?
           Ne  dubito.  Sono  secoli,  sono  millenni  che  la  gente  mette  al

        mondo figli fidando nel domani, sperando che domani essi stiano
        meglio di loro. E quel meglio si risolve al massimo nella conqui-

        sta di un misero termosifone D’accordo, un termosifone è gran

        cosa quando si ha freddo ma non ti dà certo la felicità e non di-
        fende di fatto la TUA dignità. Col termosifone continui a subire

        PREPOTENZE dispiaceri, ricatti, e il domani resta una bugia Io ti
        dicevo all’inizio che nulla è peggiore del nulla, che il dolore non

        deve incuter spavento, nemmeno morire perché se unO muore

        vuol dire che è nato, ti dicevo che nascere merita sempre, visto
        che l’alternativa è il vuoto e il silenzio. Ma era giusto, bambino? È

        giusto che tu nasca per morire sotto una bomba o il fucile di un

        sergente peloso cui hai rubato per fame una razione di rancio?
        Più cresci più io mi impaurisco. E quasi totalmente scomparso

        l’entusiasmo in cui mi esaltavo all’inizio, la gloriosa certezza d’a-

        ver colto il vero del vero. E nel dubbio mi consumo sempre di più.
        Questo dubbio che subdolo gonfia e si abbassa come la marea,

        ora coprendo in ondate la spiaggia della tua esistenza, ora riti-
        randosi per lasciarvi detriti.

           Non voglio scoraggiarti, credimi, indurti a non nascere.




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